Serbo un ottimo ricordo di “
Palindromia”, l’albo di debutto dei Fatal Destiny che avevo giudicato su queste
gloriose colonne una promettente “boccata d’aria fresca” nella soffocante staglfazione del
prog-metal.
Il fatto di aver perso completamente le tracce dei veronesi (a dispetto della buona accoglienza da parte di pubblico e critica), mi era quindi apparso come l’avvilente testimonianza di un
rockrama contemporaneo incapace di fornire veri stimoli agli “emergenti” di valore.
Scoprire che gli
OverKind nascono dalle ceneri di quell’esperienza dimostra invece, fortunatamente, che nonostante tutte le difficoltà contingenti la voglia di fare musica è ancora preponderante, soprattutto se si è determinati a fornire un significativo contributo di creatività a una scena troppo statica e omologata.
Un intento nobilissimo che trova un rinnovato riscontro in questo eccellente “
Acheron” il quale, partendo da un approccio “progressivo”, allarga il proprio raggio d’azione fino a raggiungere il concetto di un
metallo “mutante” in cui far convivere influenze piuttosto disparate (dai Dream Theater ai Muse, passando per Rush, Alter Bridge e Fates Warning), evidenziando al contempo dosi importanti di temperamento e di illuminato senso estetico.
Una notevole preparazione tecnica sorregge la formazione veneta nella sua valorosa impresa e sebbene complessivamente si possa ancora parlare di una sorta di “
work in progress”, piace oltremodo la miscela di freschezza compositiva, versatilità espressiva e capacità melodiche che intride il programma del disco.
In questo modo, anche lo sguardo d’ammirazione per i “classici” non è mai fastidiosamente remissivo e ordinario, e in tale ottica deve essere considerata pure la scelta di ispirarsi, sotto il profilo concettuale, ad un celeberrimo caposaldo della letteratura mondiale del calibro della “
Divina Commedia”, esaltandone la modernità e l’immortalità dei temi.
Il bravissimo
Andrea Zamboni, abile sia nelle parti più impetuose e sia in quelle maggiormente meditate, pilota con sicurezza brani ricchi di tensione, con la
title-track che offre fin dal primo contatto un saggio di come grinta, estro, perizia e seduzione possano felicemente convivere in sei minuti abbondanti di note sapientemente selezionate.
Le dense scosse
heavy-blues di “
Love lies (Paul & Francis)” scuriscono un clima che con le armonie terse di “
Cerberus” si rasserena improvvisamente per poi, con “
Anger fades”, riprendere a graffiare i sensi, interpolando con gusto gli insegnamenti di Dream Theater e Rush.
E’ ancora il timbro vagamente
Geddy Lee-esco di
Zamboni ad attizzare il dolce tepore emotivo prodotto da “
Flames”, una sensazione che si protrae grazie alle magiche atmosfere elettro-acustiche di “
Hollow man’s secret” e al tocco Queen-
iano (un po’ alla maniera di certi Avantasia, pure ...) di “
My violent side”, caratterizzata, invero, da appena un pizzico di manierismo.
“
All is gray” e "
The fiend” sono momenti di
prog-metal di buona fattura, mentre in “
End of a soulless thief” il gruppo arriva a lambire sonorità
alternative, esibendo in modo palese una personalità musicale priva di pastoie stilistiche e ricca di talento e cultura.
Gli
OverKind sono una
band molto interessante, da sostenere per meriti attuali e per accompagnarla a quella successiva fase evolutiva che potrebbe davvero diventare il passo “definitivo” della sua crescita artistica.