Gli americani
Leathurbitch, debuttano dopo solo un anno dal precedente ep omonimo, ma la sostanza non cambia.
La band di Portland ha nel sangue e nel cuore un’epoca dorata, ovvero l’esplosione dello speed metal in terra americana dei primi anni 80.
I nostri si rifanno al verbo di band come
Lizzy Borden,
Bitch e primi
Hexx; tutte band con riffing rocciosi e velocità ultrasoniche.
L’intro strumentale e titletrack del disco è atmosferica e richiama certe tensioni musicali carpenteriane.
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L.u.s.t.”, parte in quarta con riffing serrati della coppia
Patrick Sandford e
Sebastian Silva, mentre la sezione ritmica va a tutto spiano con ritmi veloci; le vocals del singer
Joel Stair sono consone al genere, acute e di discreta fattura.
Il chorus é discreto, ma fatica a rimanere in testa; il riffing delle chitarre sembra estratto da un qualsiasi album delle band sopracitate e la band sembra in questo caso pensare più a correre che a scrivere una buona canzone.
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I want what you got”, parte con un roccioso riffing e mid tempo; le vocals alte e acute rilasciano i classici urli del genere nell’accelerazione.
Il chorus é sostenuto da cori tipici del genere; brano potente, dinamico e dotato di un buon tiro quasi thrash; i solos sono ottantiani al massimo.
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Killing the silence”, é una pallottola veloce, potente e serrata; un brano velocissimo e con melodie vocali azzeccate.
Le chitarre sono taglienti come lame di rasoio e il chorus é sorretto da cori battaglieri.
Grande lavoro delle chitarre in fase solista con armonizzazioni e buona tecnica nel cambio di tempo.
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I’m insane”, é un up tempo devoto al metal classico con qualche influenza priestiana.
La melodia è rocciosa, potente e le vocals sono azzeccate nell’essere alte ma non fastidiose; i solos sono all’altezza della situazione.
La conclusiva “
Killer instinct” parte con un tappeto acustico per poi irrompere sulla scena con potenza e un mid tempo quadrato.
Un brano devoto agli stilemi ottantiani; le chitarre ruggiscono e i nostri ci sanno fare perché conoscono bene le melodie tipiche del periodo incastrandole alla perfezione.
Cosa si può dire di questo esordio sulla lunga distanza; in primis che la band ha qualche ingenuità di fondo che deve compensare con la personalità; le doti tecniche e la voglia di spaccare ci sono, ma bisogna lavorare ancora un pochino; disco divertente e nostalgico, ma nulla di più.
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