I nostri
Nibiru tornano dopo due anni con un lavoro coerente e dal taglio mistico, potente e molto particolare.
I nostri sono un unicum nella musica pesante e pensante, non seguono banalità, non vogliono mode, ma seguono un cammino preciso e filosofico personale; quello della filosofia enochiana, difatti il titolo dell’album è la traduzione in quel linguaggio dello zolfo, ritenuto un elemento cardine.
Il terzetto piemontese, con questo album cambia casa sotto l’egida della
Ritual Productions.
L’opener “
Ehnb”, inizia il rito magico con un eco, rumorismi e una voce ricca di eco che apre il rituale; un tappeto atmosferico, mistico e ossessivo con battiti di beats da il via al cerimoniale.
La voce del singer
Ardath é pulita, e recita in pieno delirio mistico sostenuta da effetti stranianti; tutto da l’impressione di trovarsi su un altro piano dell’universo con percussioni in sottofondo.
“
Exarp” è un brano possente, doom con tempi lenti, e chitarre ipercompresse; un muro sonoro elevato dalla band.
La voce del singer pulita, alta e in preda al rito sacrale declama liriche pregne di misticismo poetico dal taglio esoterico; con una coda finale in growl.
“
Hcoma”, riprende il tappeto atmosferico della prima traccia rivestendolo di effetti; le percussioni generate con effetti noise della chitarra hanno tutto un significato collegato al rito messo in campo dai nostri.
La voce del singer sovrastata dalle percussioni é roca, delirante e volutamente posseduta.
“
Nanta”, é una poderosa song di derivazione doom con elemento noise; la marcia é lenta con il basso ipercompresso potente e effetti distorti di chitarra.
La voce qui è un delirio unico, tra echi in scream e parti vocali pulite ma trattate.
“
Bitom”, invece é un brano in apparenza calmo, gli effetti sono appena udibili e una nota di piano regge tutto l’architrave sonoro.
Qui non c’è rumore bianco, ne effetti stranianti, ma la band è presa unicamente dall’atmosfera generata dal piano in pochi rintocchi ma collegati fra di loro e con la ritualità in corso.
L’ultimo brano “
Rizorn” prosegue la dose doom possente, piena e cadenzata; la batteria é potente solcata dal basso effettato e le chitarre che posseggono l’urto sonoro creando un muro.
Ardath prosegue la sua corsa vocale con vocalizzi scream; un tappeto atmosferico generato dalle tastiere si aggiunge al tutto aumentando l’estraniazione e il senso disorientante della musica; il brano aumenta di grado e intensità fino alla catarsi conclusiva.
Un album stupendo, semplicemente stupendo; dove ricerca, noise, doom, e atmosfere arcane si uniscono per generare un rito esoterico oltre il piano conosciuto; un album difficile ma bellissimo, ennesima prova della band piemontese di essere oltre.
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