In tempi di diffuso “revival” non è semplice individuare attraverso parametri oggettivi chi è in grado di andare oltre una forma di meticolosa riproduzione, e uno dei rischi principali è quello di finire per essere eccessivamente critici con musicisti dalle buone qualità complessive, carenti in fatto di una vera identità artistica e poi però capaci di produrre canzoni in grado di conficcarsi inesorabilmente nella corteccia cerebrale del recensore appassionato, combattuto tra “cuore” e “cervello”.
Prendete questi
Nitrate, “figli” di Danger Danger, Bon Jovi, Trixter e Def Leppard, che non fanno nulla per “nascondere” la loro devota genealogia … sarebbe facile chiudere la questione bollandoli come dei pavidi plagiari, ma la verità è che i brani di “
Open wide” pur fortemente debitori delle spensierate e ariose atmosfere “ottantiane” inventate dai loro numi tutelari, sanno trasmettere energia positiva, possiedono un’innata capacità di coinvolgimento o, se preferite le immagini a effetto (alimentate dall’
artwork dell’opera firmato da
Nello Dell’Omo), “ruggiscono” d’efficacia emotiva.
Capitanato da
Nick Hogg e fedelmente supportato da
Rob Wylde (Midnite City, Tigertailz, Teenage Casket Company) e
Pete Newdeck (Midnite City, Eden’s Curse, Blood Red Saints, Newman), il gruppo oggi si avvale dei vincenti servigi di
Marcus Thurston (Vega) e
Philip Lindstrand (Find Me, East Temple Avenue, Strong), e se, vista la comunione d’intenti e di
line-up, avete amato le piacevoli oleografie dei Midnite City, sono certo che stravedrete per “
Open wide”, un lavoro più incisivo e “fresco” di “
Midnite city”.
Quarantasei minuti di puro ed enfatico “arena rock”, con cui sognare e divertirsi, contagiati dalle catalizzanti
hooklines di “
You want it, you got It”, dalla Danger Danger-
iana “
Night time city” e da “
Only a heartache away”, una virile ballata crepuscolare che piacerebbe di sicuro tanto anche a
Ted Poley.
“
Heart go wild” è un
anthem da cantare a pieni polmoni fin dal primo contatto, e anche le melodie maggiormente levigate di “
I don’t want to live” e “
Never surrender” hanno i mezzi “giusti” per soggiogare i sensi degli
chic-rockers all’ascolto.
Altre buone vibrazioni le procurano la godibile “
Heartbreak suicide”, lo
slow Poison/Whitesnake-
esco “
In the night” e una “
Bad girls” in cui l’influsso dei Bon Jovi (“
You give love a bad name”) appare persino un po’ troppo invadente.
L’albo si conclude con “
Shot in the dark”, forse il momento meno brillante del programma, e con “
Waiting on you”, una
reprise dal disco di debutto (“
Real world”) della
band che magari v’indurrà a una sua riscoperta, appurando così quanto i
Nitrate siano migliorati nell’affrontare con una certa intraprendenza, scongiurando piuttosto bene noia e banalità, un suono tanto prevedibile quanto appassionante.
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