Secondo lavoro per gli
Anguish Force, i quali, imperturbabili (anche di fronte ai tanti cambiamenti di formazione), non spostano di una virgola il proprio indirizzo musicale e non si schiodano da quel roccioso e classico Heavy Metal abbinato allo Speed/Thrash, che emerge già nelle prime batture del disco, dall'opener "Crash!", uno strumentale davvero spumeggiante, all'autobiografica "Anguish Force".
La voglia c'è sempre e se le chitarre impazzano in lungo ed in largo, non convincono invece il nuovo vocalist, Yuri, che manca della giusta potenza e talvolta (vedi ad esempio "Man From Alps" o "Claustrophobia") risulta in chiara difficolta, e nemmeno la resa sonora, che penalizza ulteriormente il cantato ma sopratutto l'efficacia della batteria.
Tra i pezzi che ne escono meglio, si collocano la dinamica "Evilheart" e "City of Ice", maggiormente legate al Metal ottantiano rispetto al Thrash di una "Claustrophobia" o della conclusiva "Mengele", canzone feroce che vede alla voce il chitarrista e fondatore del gruppo, Luigi "LGD" Guarino.
Ma il punto forte del disco si rivela l'atmosferica "God Against God", prosecuzione di quella che era stata la canzone migliore del primo album: "The Pharaoh's Grave", con delle soluzioni (alla "Powerslave" di maideniana memoria) che fanno letteralmente rivivere l'era dei Faraoni.
Due parole le merita anche "The Metal Hymn", che è ovviamente la più metallara del lotto e qui si finisce immediatamente con il pensare ai Manowar, per il passo cadenzato e per le liriche ("...For the falses it's time to change..." ).
Gli Anguish Force, come avvenuto un paio d'anni fa in occasione di "Anguish Force", prestano poi molta attenzione e cura al digipack ed al booklet che accompagnano il dischetto.
Tuttavia dopo la prima uscita era lecito aspettarsi qualcosa di più, invece si annota qualche passo indietro. Fortunatamente non troppi.
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