I triestini
Tytus avevano pubblicato il primo full-length “Rise” nel 2017 (Sliptrick Records), ora realizzano il secondo per la
Fighter Records. Si tratta di un album pienamente heavy metal, nel quale confluiscono elementi di NWOBHM e di thrash primi anni ’80.
Lo notiamo subito nell’opener “
Disobey”, dove un delicato arpeggio chitarristico introduce un feroce e sferragliante assalto speed/thrash alla maniera dei primi Metallica, Megadeth o Exodus. La compattezza strumentale della band è ottima, così come l’attitudine vocale di
Ilija Riffmeister che ci mette la dovuta carica di aggressività. I richiami all’epoca di “Ride the lightning” sono frequenti, vedi la bombastica “
The invisible” o il tiro spezzacollo di “
Move on over”, brani che faranno sfracelli in sede live. Ma emerge anche un indirizzo maggiormente orientato verso lo stile Maiden/Priest, dove la vena melodica è più accentuata e le ritmiche più flessibili, come “
The storm that kill us all” o la cavalcata metal “
The dark wave” che sembra presa dal primo lavoro degli Iron. Lo sforzo maggiore viene esplicitato nella title-track, divisa in due parti: la prima è un lungo brano strumentale in equilibrio tra rock e metal, con un ottimo lavoro delle chitarre, mentre la seconda è un intenso slow notturno dove la voce assume toni più morbidi e suadenti.
Un disco di buon livello, non particolarmente innovativo e originale ma molto ben costruito e realizzato. Il quartetto friulano si ispira con competenza ai classici dell’heavy metal e merita sicuramente un ascolto da parte di chi è legato alla tradizione di questo genere
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