I
Mayfair sono sempre stati un gruppo difficile da “inquadrare”, e ritrovarli oggi, a distanza di più di venticinque anni dal sorprendente “
Behind …”, animati dalle medesime “sediziose” intenzioni artistiche, non può che essere di per sé una buona notizia.
Gli austriaci tentano di sfuggire alle categorie ricorrenti con un disco abbastanza “minimale” che punta a creare una strisciante tensione espressiva, capace di insinuarsi nei gangli sensoriali dell’ascoltatore in maniera lenta e subdola, sfruttando certe architetture di natura
prog e immergendole nelle oscurità della
new-wave, all’interno di un suono inquieto, fosco e cerebrale.
L’algidità del cantato in tedesco contribuisce ulteriormente a creare questo clima livido e angoscioso, e anche il ricorso a talune singolari atmosfere desolatamente bucoliche (“
Himmel in gefahr”, l’elegiaca ballata “
Das ufer hat zeit”) rende “
Frevel” un lavoro abbastanza “complicato” da decifrare pienamente al primo contatto.
La scelta di aprire l’opera con le pulsazioni concentriche e schizofreniche di “
Evil Christin” non concorre ad ottenere un impatto istantaneo, ma, come ben sanno i loro estimatori, i
Mayfair non amano essere prevedibili, e bisogna dunque attendere fino alla traccia n°2, titolo “
Hinter dem leben”, per ritrovare brandelli del melodrammatico magnetismo di “
Die flucht”, ancora oggi il vertice incontrastato del loro cangiante approccio musicale.
“
Ungetaktet” si nutre di marziale intensità fino a una catartica esplosione emotiva, “
Gestern und nicht heut'” è obliquamente orecchiabile, mentre la suggestiva “
Hitze” evoca nella memoria una “strana” convivenza tra Rush e Shudder To Think.
Un tocco orientaleggiante alimenta l’effetto straniante di “
Der teufel”, che prosegue nelle atmosfere ipnotiche, vagamente Tool-
iane, di “
Atme (Frevel)”, per poi indirizzare nuovamente, con “
Annelise” e “
Phosphor”, il
mood emozionale del programma verso strutture maggiormente “leggere” e così completare le prerogative di un albo formalmente imperfetto, eppure piuttosto fascinoso.
In conclusione, impossibile non ammettere che qualcosa, nella brillante e destabilizzante parabola artistica dei
Mayfair, si sia “perso per la strada”, e ciononostante accogliamo “
Frevel” come l’ennesimo ammaliante parto discografico di una formazione carismatica, dotata di talento e di una spiccata personalità, una peculiarità ormai davvero rara.
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