Qualcuno si ricorda dei
Roxy Blue? Non in moltissimi, mi sa, anche perché nel 1992 quando uscì il loro debutto, "
Want some?”, l’attenzione di pubblico e critica era già attratta da sonorità piuttosto lontane dal cosiddetto “party-metal” di cui erano propugnatori gli
hard rockers di Memphis.
Un peccato, giacché il disco (prodotto nientemeno che da
Mike Clink) è una piccola bomba sonica attrezzata per deflagrare nei sensi degli estimatori di Aerosmith, Van Halen, Y&T, Tesla e Warrant (quelli più “duri”, in particolare …), a cui consiglio caldamente, qualora malauguratamente non l’avessero ancora fatto, di recuperare quanto prima il tempo perduto.
Dopo un breve, inevitabile,
amarcord, torniamo velocemente al presente, perché della qualità dei nostri si è giustamente rammentata la sempre attentissima
Frontiers Music, proponendo loro un rientro sulle scene a distanza di quasi trent’anni dall’uscita di quel sottovalutato primo
album.
Il risultato è “
Roxy Blue”, realizzato da quattro quinti della formazione originale (il solo
Sid "Boogie" Fletcher, sostituito da
Jeff Caughron, ha abbandonato il
business della musica per dedicarsi a una proficua carriera di dentista …) e destinato a far “riflettere” chi aveva amato i suoni primigeni della
band americana.
Il clima del nuovo lavoro è, infatti, più
heavy e oscuro del suo predecessore e questo, se da un lato di primo acchito potrà destare qualche perplessità nei
fans di “lungo corso”, dall’altro tende a scongiurare l’eventualità di un “ritorno” dettato esclusivamente dal mero e imperante “revivalismo” contemporaneo.
L’ascolto attento dell’opera, il sommo giudice di ogni disamina musicale, rivela che l’operazione di “indurimento” e di ammodernamento delle sonorità non ha compromesso le peculiarità espressive dei
Roxy Blue, che oggi, complice anche la voce
Corabi-ana di
Todd Poole (non sempre impeccabile, a dire il vero …), sembrano voler agire sullo stesso terreno di “roba” alla The Dead Daisies, mescolando tanto vigore a una congrua dose di melodia.
Talvolta qualcosa non funziona in modo assolutamente convincente e la ricetta evidenzia qualche piccola forzatura (“
Outta the blue”, “
Til the well runs dry”, “
Human race”, “
What it's like”), ma ciononostante “
Silver lining” è una ruggente
opener, “
Rockstar junkie” è un graffiante
hard-blues per il terzo millennio e le inquiete “
Scream” e “
Overdrive” lambiscono con gusto le atmosfere del tanto “odiato”
grunge.
“
Collide” inaugura, intridendolo di un pizzico di familiare “nostalgia”, il reparto “ballate” del programma, rimpinguato dalla gradevole “
Blinders” e dalla sognante “
How does it feel”, piuttosto intrigante sebbene “pericolosamente” al limite del
kitsch.
“
Roxy Blue” ci riconsegna una formazione agguerrita, carica e forse anche un po’ “arrugginita” e non ancora del tutto assuefatta alle nuove intenzioni artistiche … considerazioni che tuttavia non mi dispensano da un classico e caloroso
welcome back guys!
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