“
Bleed for passion” è il quarto album dei
Faithsedge, “supergruppo” fedele ai criteri espressivi del
class metal americano, declinati in una forma sonora piuttosto vivace e calibrata.
Gli insegnamenti di Dokken, TNT, Winger e Stryper vengono così combinati in un’incisione discografica di qualità superiore rispetto alle prove precedenti di una
band che sembra aver trovato la strada “giusta” per dominare una materia artistica tanto “nobile” quanto impegnativa.
Artefici di un suono accattivante, graffiante e sanguigno,
Giancarlo Floridia,
Alex De Rosso (Dark Lord, Dokken),
Matt Starr (Mr. Big, Ace Frehley, …) e la
new entry Timothy Gaines (ex-Stryper), celebrano con sensibilità e perizia la storia del genere senza per questo apparire eccessivamente nostalgici e derivativi.
Tutto perfetto dunque?
Beh, non proprio, a dire la verità …
Per conquistare irrimediabilmente gli estimatori del settore, alle canzoni servirebbe, infatti, un pizzico di
grip emotivo supplementare e anche la voce di
Floridia, per quanto competente e pure “cresciuta”, avrebbe forse bisogno di un’ulteriore piccolo incremento nella duttilità interpretativa.
Nulla di particolarmente “preoccupante”, in realtà, ma, alla fine dell’appagante ascolto del programma, è pressoché inevitabile chiedersi cosa avrebbe potuto essere “
Bleed for passion” se il fraseggio ficcante e creativo di
De Rosso e il sostegno incessante della possente sezione ritmica fossero stati assecondati perlomeno da un
songwriting leggermente più incisivo.
A distoglierci da questo “epocale” quesito, arrivano, dopo la possente
opener “
Back from this” (qualcosa tra Megadeth e Sircle Of Silence), le melodie cromate e ammalianti di “
Angelic”, “
Acceptance” e “
Through the scars”, tutta “roba” davvero “pericolosamente” vicina all’eccellenza.
La ballata “
I know I need to let you go”, solo gradevole, alimenta le succitate perplessità e lo stesso accade in “
Girl when”, abbastanza “inoffensiva”, e in “
Sky”, “
I’ve changed” e “
Bleeding with the memories”, tre brani di buon livello complessivo, che con un maggiore equilibrio armonico e ritornelli più “esplosivi” avrebbero fatto davvero faville.
La “botta” finale, denominata “
Reflecting a voice” (non lontana da certe cose dei Malice) e portatrice di "sana” esuberanza
metallica, pone il sigillo su un albo efficace, realizzato da una formazione che ha i mezzi e il talento per fare ancora meglio … forza, ragazzi, che manca poco!
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