Cosa ci si può attendere da una band nata nel 2012 dall'ultima incarnazione dei Thin Lizzy? Uno stile che richiama con palese evidenza il celeberrimo gruppo degli anni '70, esatto. Quando alla chitarra trovi
Scott Gorham, membro dei T.L. dal '74 all' 86, è più che lecito aspettarsi questo. Ma non è affatto un demerito, anzi. Questo quarto album fotografa i
Black Star Riders, il nome deriva da una gang di pistoleri del film western “Tombstone”, in splendida forma ed assai ben ispirati.
Hard rock settantiano dalla forte impronta melodica ma anche di classe e con tratti grintosi. Lo dimostra subito l'anthemica “
Tonight the moonlight let me down”, con il suo passo cadenzato e robusto ed il cantato immediatamente memorizzabile. Che il vocalist
Ricky Warwick si ispiri al compianto Phil Lynott non è un mistero ma l'effetto non è stolidamente derivativo, come notiamo nella tosta title-track che esibisce qualche cenno di drumming dal retrogusto piratesco e gran lavoro chitarristico. L'orecchiabile "
Ain't the end of the world" è Lizz-iana fino al midollo, mentre la più nervosa "
Underneath the afterglow" ha un bel timbro da arena-rock americano. Ci sono anche brani romantici, come la ballad pacifista "
Why do you love your guns" ("perchè amate più le armi dei bambini..") o la deboluccia e patinata "
What will it take", intervallati da episodi propriamente hard, vedi il rock alcolico "
Standing in the line of fire" o la rocciosa "
In the shadow of the war machine" dove i riff sono belli tesi ed emerge la personalità autonoma di questa band.
Dieci brani godibili, fruibili, adatti a tutti i palati rock, ma con quel tocco vintage da veterani di lungo corso. Un lavoro che mantiene in vita la tradizione dei Thin Lizzy, cercando comunque una propria identità.
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