Dopo lo storico "
Slaughter in the Vatican" del 1990 e il buon "
The Law" del 1992 ritornano con il nuovo album di inediti "
Mourn the Southern Skies" gli
Exhorder dopo una pausa di riflessione di 27 anni. Meno, in realtà. Perché la band, pur non pubblicando nuovo materiale, si è riformata varie volte dall'uscita del secondo album al giorno d'oggi. Dall'ultima reunion (2017) gli Exhorder sono stati protagonisti di un'attività live piuttosto intensa che li ha vista esibirsi sui palchi di alcuni dei più importanti festival europei, ben figurando anche in Italia sul palco del Rock The Castle 2018 in compagnia di tanta bella gente (Destruction, Sodom, Exodus, Testament e Megadeth).
Sappiamo come spesso molte reunion di band storiche si concretizzino in album il cui valore viaggia tra il pessimo e l'inutile ma qui siamo di fronte ad un'eccezione notevole. La band di New Orleans si presenta in grande spolvero presentandoci dieci brani di buon livello, di cui alcuni particolarmente ficcanti sia grazie a riff portanti freschi e potenti sia grazie a linee vocali sempre molto accattivanti.
Uno dei miei timori era che i nostri proponessero una versione caricaturale dei vecchi lavori, infarcendo il tutto di groove stucchevole e di maniera "panteriana" sfruttando il proprio status di inventori di quel "groove metal" poi reso popolare dalla band di Anselmo e dei fratelli Abbott. Per fortuna mi sbagliavo: il disco è certo ricco di quel groove che costituisce il trademark del sound proposto dagli Exhorder ma i pezzi si mantengono sempre pouttosto thrashosi anche nei momenti più cadenzati (fatta eccezione per l'ultima, lunga e sorprendentemente doomish titletrack).
In un disco thrash cerchiamo soprattutto pezzi costruiti su riff veloci e devastanti, che macinano come si deve, e in questo disco ne troviamo a bizzeffe: l'opener
"My Time", "Beware the Wolf", "All She Wrote", "Rumination" e l'aggressiva
"Ripping Flesh". Tutti pezzi che non potranno deludere i fan dei vecchi dischi della band ma che scommetto faranno la felicità anche di chi non conosce quei dischi e magari sarà invogliato ad andare a recuperarseli dopo aver ascoltato l'ultima fatica.
In chiusura troviamo il brano più singolare del lotto che ironia della sorte è la titletrack
"Mourn the Southern Skies": un pezzo doomeggiante, con una forte influenza di quel "southern sound" che caratterizza band come Corrosion of Conformity e Down (più che Pantera) e che, nonostante l'evidente scarto stilistico rispetto agli altri brani, si rivela un ottimo brano (da sottolineare l'ottima prova vocale di Kyle Thomas) che tra l'altro si inserisce anche bene nel mood generale del disco.
I brani sono tutti freschi, alcuni più convincenti di altri, ma tutti più che valevoli di un ascolto... altri potreste aver voglia di sentirveli a ripetizione. Ottimi riff, linee e performance vocali sempre capaci di conferire quel qualcosa in più al disco e farlo cresce quanto a personalità. Tutti gli strumenti fanno il loro nel modo più funzionale possibile, solo il basso risulta un po' sottotono nel mix ed infatti il difetto più grosso del disco va ravvisato nella solita produzione compressa e bombastica della Nuclear Blast che rischia di sterilizzare dei pezzi spesso ottimi a causa di suoni inadatti. Basso a parte (spesso e volentieri inudibile, oscurato com'è dal suono compresso e cupo delle chitarre), dato lo stile di thrash groovoso e dai suoni pesanti degli Exhorder va detto che il danno rimane comunque contenuto e non pregiudica la fruibilità di questo bel dischetto.
In definitiva un album estremamente godibile, che presenta il giusto equilibrio tra violenza e groove: gli Exhorder dimostrano quindi di saper fare ancora molto bene ciò per cui sono noti, rimanendo se stessi senza sfociare nell'autocitazionismo grazie a brani freschi e convincenti. Ottimo ritorno.
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