Li avevamo lasciati nel 2012 con l’ottimo Destination Set To Nowhere e, durante questi 7 anni, i
Vision Divine hanno dovuto, una volta ancora nel corso della loro ventennale carriera, fare i conti con l’ennesimo cambio di line-up, che questa volta ha riguardato voce (il buon Fabio Lione per forza di cose, non poteva portare avanti tutti i suoi progetti) e batteria. La band di
Olaf Thorsen risponde a queste assenze con l’ingaggio di due veri e propri fuoriclasse, ossia il frontman
Ivan Giannini (già singer di Derdian ed Elegacy) ed il sempreverde
Mike Terrana, indubbiamente uno dei migliori drummer di sempre del metal.
Inutile nasconderlo, con una simile formazione le aspettative erano davvero enormi, soprattutto per chi, come il sottoscritto, ha sempre considerato i Vision come un punto di riferimento per l’intero movimento metallico italico e, quando si crea una simile attesa, spesso si rischia inevitabilmente di rimanere scottati dalla delusione. Tuttavia, mi sento subito di rassicurare tutti i fans di vecchia data della band, dicendo che non è questo il caso! Però, se posso permettermi di dare a tutti un consiglio, non soffermatevi al primo ascolto, perchè ho la sensazione che
When All The Heroes Are Dead, sia un album destinato a crescere con l’aumentare degli ascolti, o almeno, questo è ciò che sta capitando a me!
Lo ammetto, il primissimo impatto con il disco infatti mi aveva lasciato un pò di amaro in bocca, forse ingannato dalla stupenda copertina mi attendevo (ma chissà poi perché?!), un concept in stile Stream Of Consciousness (l’album che mi ha fatto innamorare di questa band), invece saggiamente i nostri hanno virato verso un lavoro più eterogeneo che affonda le proprie radici nel passato stesso del combo tricolore, e questo appare evidente già nei titoli delle tracce, dove vi sono continui richiami alla discografia della band:
The 26th Machine (altro non è che la combinazione di “The 25th Hour”+ “The Perfect Machine” ed anche a livello di sonorità il pezzo sembra riprendere questi due album),
3 Men Walk On The Moon, traccia dedicata al cinquantenario dell'allunaggio (i riferimenti qui vanno a “9 Degrees West Of The Moon”, ma anche a “Destination Set To Nowhere” dal punto di vista delle lyrics),
Fall From Grace (Send Me An Angel),
Were I God (Stream Of Consciousness).
Dal punto di vista prettamente musicale invece, l’album si fa apprezzare per il perfetto connubio tra melodia ed aggressività ed in questo
Olaf Thorsen è sempre stato un maestro, sin dagli ormai lontanissimi anni ’90 di “labyrinthiana memoria”. Le aperture melodiche sono sempre presenti, in particolare in
Fall From Grace, in
On The Ides Of March, o nella dolcissima ballad
While The Sun Is Turning Black e valorizzano alla grande l’ugola di
Ivan Giannini (più simile come stile a Michele Luppi piuttosto che a Fabio Lione) che si rende autore di una prova maiuscola, ma quando c’è da “azzannare il pezzo” i nostri non si tirano certo indietro, martellando con quel mostro di
Mike Terrana dietro le pelli, seguito alla perfezione dal basso di
“Tower” Torricini, tuttavia in questi frangenti sono soprattutto le chitarre di
Thorsen e
Federico Puleri a diventare particolarmente aggressive coi loro riffs e gli assoli a cui partecipano anche le tastiere di
Alessio Lucatti. Esempio di quanto appena detto sono pezzi come
Now That All The Heroes Are Dead, la “killer-song”
The King Of The Sky (che si può considerare, a ragion veduta, l’erede designata di “La Vita Fugge”, a proposito di quei continui richiami al passato), la già citata
3 Men Walk On The Moon o la bellissima
300, che nel finale riprende (volutamente?) la melodia di Out Of A Distant Night (Voices), contenuta in The 25th Hour (toh, ancora un richiamo al passato, quando si dice il caso!), tuttavia in tutti questi episodi, la musicalità del pezzo non viene mai messa in secondo piano, ma convive in maniera armonica con la sua aggressività. Il finale del disco è affidato alla poesia, come del resto di consueto nella discografia dei
Vision Divine, che non hanno mai nascosto il loro amore per la letteratura italiana, se in Stream Of Consciousness toccava al Petrarca con “La Vita Fugge” e in Destination Set To Nowhere al meno famoso Cecco Angiolieri con “S’I Fosse Foco”, adesso è la volta addirittura di Giacomo Leopardi con “L’Infinito”, il cui canto si adagia dolcemente sulla melodia di
The Nihil Propoganda che musicalmente, cosi come l’iniziale
Insurgent, sembra provenire direttamente da una colonna sonora scritta da Ennio Morricone.
Insomma, con questa nuova fatica come già detto, i
Vision Divine hanno saggiamente e volutamente optato, dopo tutti questi anni di assenza, per un album che pesca a mani basse dal loro passato, tuttavia senza creare un clone di qualcosa di già scritto, evitando quindi di ripetersi, dando vita ad un lavoro ben suonato e variegato che esalta la melodia ma in cui al tempo stesso le chitarre e la sezione ritmica tiratissima sono delle costanti (si tratta pur sempre di metal!), due aspetti agli antipodi che spesso vengono difficilmente realizzati contemporaneamente, come dimostrano alcuni recenti di lavori di altre band impegnate nello stesso genere, incapaci di ottenere un simile bilanciamento tra musicalità ed incisività.
Permettetemi un’ultima considerazione, un pizzico di rammarico mi è rimasto per non aver visto tra le tracce dell’album
Angel Of Revenge, l’ottimo singolo (di cui proponiamo il video di seguito) in cui la band presentava il nuovo cantante, un brano di pregevole fattura meritevole di essere incluso nel disco, che comunque rimane davvero bello e che, più passa nel mio lettore e più mi convince....