“I am God” non è una dichiarazione in pieno delirio d’onnipotenza appartenente a qualche fin troppo noto personaggio politico, ma bensì una citazione dal profeta Isaia che diventa il titolo del nuovo disco (il secondo) di questa band che prende il nome dai suoi leaders Johnny Bomma e Rod Rivera, e da qui il mezzo attraverso il quale i nostri vogliono diffondere il proprio messaggio “apostolico”.
L’ambito tematico è dunque quello del rock cristiano mentre musicalmente siamo dalle parti di una traduzione del roccioso hard rock inglese “classico” sulla quale viene applicata una spolverata di approccio tipico dell’heavy metal americano, condito da qualche sprazzo di derivazione prog.
Sono proprio Ronnie James Dio da una parte e Ritchie Blackmore dall’altra ad essere i principali riferimenti musicali del singer e del guitarist americani, così come Purple, Rainbow e Sabbath (epoca Dio/Martin), ricoprono il ruolo d’influenza fondamentale del gruppo nel suo complesso, e la bravura evidenziata in quest’operazione di trascrizione dai connotati attitudinali piuttosto yankee riesce a rendere “I am God” un ascolto parecchio godibile, dove non viene quasi mai superato il labile confine tra ispirazione e clonazione.
Brani come “You are my child”, contraddistinta da una poderosa e sentita interpretazione vocale, “He died for you”, dalla costruzione tutt’altro che “rivoluzionaria” ma sempre gradevole, “Oh girl”, una vaporosa simil-ballata con i Rainbow nell’anima (utile anche a dimostrare la versatilità della laringe di Bomma), “Riding High”, in cui i Deep Purple si scontrano con i cori specialità della casa dei paladini incontrastati del metal devoto Stryper, “Sing to me”, dalla bella melodia e anche “Help”, una sorta di virile supplica, sanno come farsi apprezzare in virtù di classe, gusto e abilità traslitterante, ma personalmente ritengo la title-track, dove l’enfasi epica si contamina con zampilli di metallo progressivo, la gloriosa invocazione di “Holy one”, con il suo afflato Savatage meets Crimson Glory e “Revelation/Midnight sunlight”, improbabile incrocio Sabbath/Priest/Danzig, come le outtakes dotate di una capacità coinvolgente superiore, in grado di sconfiggere sul filo di lana le loro comunque lodevoli compagne d’album.
“La voz de mi guitarra”, poi, è un flamenco strumentale, il momento dove i riflettori si puntano dritti sull’ottimo Rivera, il quale non fa altro che confermare quanto di buono abbiamo già ascoltato scaturire dalle sue sei corde, intrise di feeling e tecnica in modo da onorare al meglio i suoi maestri.
“I am God” viaggia ad un livello medio abbastanza elevato e potrà fare felici sia coloro che tramite i suoi contenuti tenteranno d’innalzare i loro cuori e di purificare le loro anime e sia quelli che, più prosaicamente, cercano in un disco del semplice e “sano” hard ‘n’ heavy parecchio ben fatto … e mi sembra un risultato di tutto rispetto.
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