Avvolto in un fascinoso e crepuscolare digipack arriva in redazione questo “Mono ego” secondo lavoro sulla lunga distanza (ma ricordiamo anche un paio di Ep precedenti all’attivo) dei La Mamoynia e occasione per il sottoscritto di fare la conoscenza con questo gruppo bresciano dalla singolare denominazione d’origine ellenica (se non sbaglio dovrebbe riferirsi ad un insetto) così come sono greci il cantante della band Dimitris Triantafyllou e l’idioma utilizzato in alcuni dei testi, alternato ad un più consueto impiego di quello inglese, a comporre un singolare ed interessante contrasto linguistico.
La musica proposta dai nostri è una dark wave elettronica completamente priva di chitarre, ossessiva, aspra, sinistra e torbida, algida e minimale, senza concessioni “commerciali”, condotta dalla voce sciamanica di Dimitris che declama versi su fondali “electro-industriali” ricchi di tensione, richiamando alcuni aspetti della policroma stagione della “nuova ondata” ed un certo immaginario musicale “sintetico” d’ispirazione teutonica.
Frammenti di Joy Division, primi Death In June, Einsturzende Neubaten, DAF, addirittura qualcosina di Suicide, Kraftwerk e dell’approccio espressionista dei Cabaret Voltaire, sono riscontrabili in questo sound “difficile”, angoloso e claustrofobico, ma capace di destare intense suggestioni e forza “liturgica”, emergenti dalla miscela di regolarità nelle scansioni ritmiche, di una sorta di lirismo “trascendente” ed inquietante, completati da un programming immaginifico e sufficientemente magnetico.
La strisciante “I stand alone”, “Ich bin Niemand”, “Ipocrisia”, “Hated for seeing deep in the eyes” e “Something that does not exist (version)”, mi sembrano i brani più maturi del Cd, in cui i La Mamoynia riescono a focalizzare al meglio le loro qualità espressive e anche la rilettura di “Links” (cover dei Mecano) appare convincente e complessivamente abbastanza riuscita.
Margini di miglioramento sono minimamente riscontrabili in certe soluzioni vocali (ma mi piace parecchio il particolare timbro del vocalist) e in una maggiore varietà compositiva, così come una registrazione ed una produzione più equilibrate e “piene” avrebbero garantito un complementare importante contributo all’efficacia del dischetto.
I La Mamoynia sono un gruppo degno d’attenzione, non banale nella sua ricerca all’interno di queste coordinate sonore, dotate in ogni modo di una spiccata “specificità” di settore, ed ecco perché non li ritengo esattamente un ascolto da poter consigliare indistintamente a tutti i lettori di una webzine che si chiamava “Metal.it”, pur confermando il loro piuttosto considerevole valore generale.
Detto questo, se poi si vuole “rischiare” di affrontare questi suoni, per nulla condiscendenti verso le mode (niente a che vedere con l’industrial “moderno” magari pure geniale, ma anche sufficientemente ruffiano da saper scalare le classifiche), “Mono ego” potrebbe essere una valida opportunità per aggiungere una prospettiva supplementare alle Vostre abitudini uditive.
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