“L’album che non ti aspetti”. Lo affermano gli stessi
Leprous nelle note che accompagnano il disco arrivato in redazione. Io, in realtà, un po’ me lo aspettavo. Illuminante era stato in tal senso il singolo scelto dalla band per spezzare l’attesa del nuovo album:
“Angel”, dei Massive Attack, rappresentava a mio avviso una sorta di assaggio di quello che ci saremmo potuti aspettare dal full-length in arrivo.
Certo, chi passasse direttamente da
“Bilateral” a
“Pitfalls” avrebbe l’impressione di trovarsi di fronte a due band diverse - e in un certo senso le cose stanno proprio così. Ma chi ha seguito e apprezzato l’evoluzione del sound della band, a mio avviso, non si stupirà più di tanto. Chi, viceversa, cercasse nei
Leprous il sound del già citato
“Bilateral” o del successivo
“Coal” resterà piuttosto deluso.
“Pitfalls”, infatti, se ne infischia altamente delle etichette e mira dritto al punto: emozionare. Quindi, ben venga l’arrangiamento pop, gli archi, la batteria che batte un colpo ogni 2/4, e tutto quello che può servire allo scopo. Funzionale allo scopo è anche la formazione che si allarga con gli ospiti
Raphael Weinroth (violoncellista) e
Chris Baum (violinista). Se non fosse ancora chiaro, il consiglio per avvicinarsi a quest’album è quello di abbandonare qualsiasi concetto di genere.
Ma, al netto dell’ennesimo cambiamento di sound e direzione, ridurre l’analisi di
“Pitfalls” ad una mera questione stilistica sarebbe davvero ingeneroso. Siamo di fronte ad un’opera di rara bellezza e ricca di canzoni che ci ricordano il motivo per cui esiste la musica: comunicare in maniera universale. Il disco ripercorre l’ultimo anno e mezzo della vita del cantante
Einar Solberg e, più nello specifico, la battaglia ingaggiata con i propri problemi di ansia e depressione. Ed è davvero difficile non riconoscere tali sentimenti nella musica qui proposta dai
Leprous.
L’opener
“Below” chiarisce subito le cose: siamo di fronte ad un brano dalle tinte scure che si concretizza in un ritornello splendido e disperato. Onestamente prodursi in un track-by-track di un album di questo tipo risulta alquanto complesso. Citerò qualche pezzo - oltre alla già menzionata
“Below” - che a mio avviso spicca sugli altri (ma non ci sono filler in scaletta).
“Alleviate” è uno dei brani più luminosi del lotto, gode di arrangiamenti sontuosi ed è forse il pezzo più “universalmente fruibile” di
“Pitfalls”.
“Distants Bells”, viceversa, è uno degli episodi più tormentati e sperimentali, ma inquadra benissimo il mood generale del disco. Menzione finale per
“The Sky Is Red”, 11 minuti di sperimentazione in cui non un solo minuto è buttato.
Tornando a parlare in termini tecnici, non è possibile chiudere questa recensione senza parlare della performance vocale che ci regala
Solberg: sussuri, voci spezzate, acuti e un utilizzo magistrale di tutti i registri scatenano nell’ascoltatore un’empatia con la musica davvero rara.
Già con
“Malina” i
Leprous denotavano una maturità artistica davvero invidiabile, ma la sensazione è che sia
“Pitfalls” il disco della definitiva consacrazione.
Miglior disco del 2019?
A cura di Paolo "Pera" Perazzani