Ihshan non ha certo bisogno di presentazioni, visto che con gli Emperor ha scritto pagine immortali del black metal, tuttavia ha sentito il bisogno di intraprendere un percorso personale e autarchico, un percorso dove mettere a frutto, per dirla con sue parole, “tutte le esperienze acquisite fin da quando ho preso in mano una chitarra 20 anni fa”. Tutto ciò però lo fa con un disco, questo “The Adversary”, dove mette alla prova se stesso con un sound che rappresenta una vera e propria sfida a se stesso e alle proprie capacità compositive. Al punto che occorrono svariati ascolti per comprenderlo appieno, perché ad ogni passaggio si disvelano sfumature nuove e diverse. È inutile cercare di sezionare il disco pezzo per pezzo, perché il disco è eterogeneo nelle sue componenti ma omogeneo nel tenere alta la qualità del songwriting. Su una base comunque progressiva, così ricca di tastiere che verrebbe da dire sinfonica, con intermezzi di piano, parti malinconiche ed intimiste, Ihsahn mette in scena un platter che spazia dal black, allo speed passando per l’heavy (“Called By Fire”), con parti atmosferiche ed epiche, ed assoli davvero molto belli.
In questa sua follia autarchica Ihsahn permette l’intervento solo di Ageir Mickelson, drummer degli Spiral Architect, per la registrazione delle parti di batteria, e di Garm degli Ulver, col quale duetta su “Homecoming”. Tra l’altro Ihsahn usa una vasta gamma di vocals, dalle classiche scream vocals a sorprendenti vocals pulite, molto espressive.
Il disco è una sorta di lungo viaggio, durante il quale è difficile annoiarsi, e ascoltandolo si riesce a comprendere perché una band come gli Emperor sia stata quello che è stata.
Credo che lo apprezzasse prima non potrà non apprezzarlo adesso, anche se sono lontani i tempi di “In The Nightside Eclipse”, ma il genio si evolve, e Ihsahn non ha mai scritto musica così completa e variegata. Da avere.
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