Da sempre considerati i “parenti poveri” di bands del calibro di Iron Savior, Grave Digger e Running Wild, (evitando di scomodare i mostri sacri del genere , ovvero la triade Gamma Ray, Blind Guardian ed Helloween), gli
Stormwarrior, giunti con
Norsemen al loro sesto album in studio in circa 20 anni di carriera, quasi mai si sono discostati dal tipico sound tanto caro alle suddette connazionali bands tedesche, dimostrando una dedizione alla causa davvero lodevole.
Tali caratteristiche si possono ritrovare palesemente anche in questo nuovo disco, pieno di buoni spunti in cui appunto, a conti fatti, i nostri non spostano di una virgola la direzione stilistica dei precedenti lavori, rimanendo fedelissimi ai tradizionali schemi del “power metal teutonico” basato su una sezione ritmica robusta e veloce, dall’andamento quasi impazzito (si pensi all’iniziale
Norsemen o alla killer-song
Odin’s Fire) , su riffoni taglienti dal suono sporco (
Blade On Blade,
Shield Wall) e su cori di facile presa che caratterizzano i refrains dei brani (
Storm Of The Earth o
Freeborn), conferendo loro quell’epicità che poi è il vero punto di forza del combo (meno famoso) di Amburgo (capitale mondiale del power).
La presenza degli elementi derivativi è evidente dall’inizio alla fine dell’album e forse in alcuni momenti si fa addirittura pesante sotto certi aspetti, ma probabilmente si tratta anche di una scelta stilistica precisa, esplicitamente cercata e voluta; spiattellare queste influenze in faccia al pubblico, senza mezze misure, è un modo per esprimere chiaramente che chiunque oggi si voglia cimentare nel genere, per forza di cose, deve rifarsi al passato, che a sua volta, difficilmente può essere migliorato o modificato, teoria forse pessimista ma non del tutto distante dalla realtà!
A questo punto verrebbe da chiedersi: cosa può salvare gli
Stormwarrior o tutte quelle bands appartenenti a tale movimento musicale che rischiano di rimanere impantanate in un genere caratterizzato dalla velocità e dalla potenza senza cali di tensione, e quindi per questo paradossalmente statico e chiuso? Davvero non esiste una via di fuga?
A mio avviso l’unica soluzione possibile, laddove l’ispirazione per svariati motivi risulti carente, è da ricercare nel modo in cui i suddetti elementi derivativi vengono reinterpretati, ad esempio il vero e proprio punto di forza per un disco come
Norsemen, è rappresentato proprio da quell’epicità di cui si parlava precedentemente e che trova nella traccia conclusiva
Sword Of Valhalla la propria consacrazione, qui si trovano atmosfere inizali alla Iron Maiden, melodie alla Blind Guardian e riff alla Running Wild o alla Gamma Ray, che si fondono armonicamente tra loro, dando vita ad un pezzo intenso, maestoso e paradossalmente unico nel suo genere, nonostante non inventi nulla di nuovo e (come si è visto) sia pieno di influenze. Eccola qua la via di fuga di cui si parlava prima, la risposta alla staticità di un genere che forse ha ormai dato tutto, probabilmente non assisteremo più alla composizione dei capolavori del passato, ma l’unica strada percorribile per dare alla luce dei lavori di qualità è rappresentata dalle capacità stesse della band di reinterpretare la pesante eredità del passato ed in questo gli
Stormwarrior si dimostrano, ancora una volta, abilissimi.