Non posso certo dire che la musica dei polacchi Infernum sia completamente pessima. Il problema è che le loro strutture sono talmente preconcette e abusate da instaurare nell'ascoltatore una sensazione spiacevole: la noia. E' questa compagna a seguirci per tutti i trenta minuti di durata di "The Curse", favorita dalla similitudine tra i vari pezzi che vivono pochi momenti di entusiasmo, tali solo per le sensazioni di imbarazzo che provocano. Mi riferisco all'inizio di "The Crack Of The Gold", ispirata ai Dimmu Borgir di Stormblast, e allo scandaloso plagio di "Freezing Moon" in "Epitaph", che voglio credere un omaggio e non una scopiazzatura che avrebbe dell'incredibile. Per il resto, il black metal cadenzato e perennemente accompagnato dalle tastiere non è malvagio, ma vive di interesse per pochi minuti, prima di scadere nel disinteresse dovuto alla mancanza di idee di un certo risalto. Qualche incursione di voce femminile non basta a caratterizzare un lavoro troppo derivativo e poco ispirato, che manca semplicemente di mordente. La morte per suicidio del cantante Anextiomaurus riporta alla mente gli episodi degli anni novanta, ma pone allo stesso tempo una questione sul futuro di questa band polacca. Che però, forse, non ha mai avuto molto da dire.
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