La recente ristampa di “
One”, il suo debutto da solista, è stata propedeutica al ritorno in pista di
Carl Dixon, e se avete a cuore le sorti e la storia del
rock melodico credo proprio, come accaduto al sottoscritto, che attendeste con una certa curiosità il nuovo lavoro di questo valoroso cantante canadese (noto soprattutto per la militanza nei Coney Hatch), autentico “sopravvissuto” (nel vero senso della parola … nel 2008 è stato vittima di un pauroso incidente stradale in Australia …) della scena musicale internazionale.
Alla prova dei fatti possiamo affermare che “
Unbroken” è un’eccellente continuazione del percorso espressivo patrocinato già da un po’ di tempo dal nostro, innervato dalla collaborazione con
Robert Boebel (Frontline, Phantom V), suo principale
partner in crime di quest’avventura discografica targata
AOR Heaven.
Il
songwriting di spessore e la voce espressiva di
Dixon riprendono a “macinare” emozioni e se non fosse per una resa sonora non esattamente ottimale (produzione curata dallo stesso
Boebel) oggi potremmo tranquillamente considerare l’albo un’assoluta priorità per ogni appassionato del genere.
Purtroppo, con tale zavorra, è presumibile aspettarsi una minore possibilità di “penetrazione” per un’incisione che tuttavia offre molteplici opportunità di appagamento
cardio-uditivo, a partire da una “
Can’t love a memory” che mescola con innato buongusto Journey, Coney Hatch e Von Groove.
Il resto del programma si conferma ad alti livelli, piazzando subito dopo una contagiosa sequenza di note sapientemente allestite in “
Bowl me over”, “
Nothing lasts forever” e “
Every step of the way”, tre godibilissime manifestazioni di levigato
hard a ventiquattro carati.
Le atmosfere vaporose di “
Summer nights” sono perfette per risollevare gli animi in meste giornate autunnali e piovose, la vena melodrammatica di “
All my love and hopes for you” e “
This isn’t the end” alimenterà ricordi romantici e nostalgie mai sopite, mentre “
Drive just drive” e una tagliente e cromata
title-track solleciteranno la porzione più viscerale e istintiva dei vostri sentimenti, in un clima dove grinta e mordente si affiancano a un innato senso per la melodia.
I
refrain infettivi e il
pathos vellutato di “
Roll the dice” e “
Keep the faith” esauriscono le citazioni di una
liaison artistica (al netto dei problemi produttivi) piuttosto riuscita, che consente di riscoprire le notevoli doti di un
Carl Dixon in pregevoli condizioni di forma.
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