Che la Perris Records sia oramai una delle poche etichette (se non l’unica) in grado di mantenere adeguatamente desta l’attenzione sul genere glam/sleaze, sgonfiatosi all’inizio degli anni novanta dopo quasi un decennio di conquiste e di presenze significative in tutte le classifiche mondiali dell’epoca, è un fatto appurato. E’ pertanto interessante ascoltare di tanto in tanto cosa, la label americana, ha in serbo per noi attraverso l’uscita di questo ‘Hollywood Hairspray’ giunto al quinto volume. E direi che, anche in questo caso, ci siamo proprio: partiamo alla grande con Chris Laney che ci propone la sua ‘Instict Animal’ riprendendo il tormentone ‘Poison’ del veterano Alice Cooper del quale ne ricalca anche lo stile vocale. Si prosegue speditamente con l’AOR di chiara matrice scandinava proposto dagli Hollywood e l’accostamento con i troppo sottovalutati Stage Dolls è pressochè lampante. Addirittura meglio i Dirty Rig del grande Kory Clarke (Warrior Soul): ‘Suck It’ è rozza, selvaggia e puzzolente come una maglietta alla fine di un pogo selvaggio. E giunse il momento della nostra amata patria, qui rappresentata dai RadioVipers e ragazzi…giù il cappello! Stiamo parlando del miglior gruppo del lotto, con una produzione decisamente al di sopra della media, elettrici e maledettamente velenosi nei chorus della loro ‘Pusher’ ti si appiccicano addosso e ci rimangono per giorni interi con quel ritornello infernale.
E’ impressionante il livello qualitativo assemblato dalla Perris per questo Vol. 5, pochissimi i gruppi toppano: tra questi i brasiliani Bastardz (troppo grezzi e inerbi), gli statunitensi Gunshy (Tuff all’ennesima potenza), gli anglosassoni Jack Viper (inoffensivi) e gli olandesi Alter Ego X (confusi e felici).
Cosa dire del concentrato di groove e energia sputato fuori dagli On Parole con ‘Midnight In her Eyes’, capaci in tre minuti di far dimenticare i nuovi idoli Artic Monkeys; oppure il boogie rock degli (udite udite!!) svizzeri Silver Dirt, i quali dimostrano che esiste un futuro per il rock duro alle spalle dei totem Krokus e degli affermati Gotthard.
Citare per filo e per segno le caratteristiche principali di tutte le formazione è opera pressochè impossibile da realizzare in così poco spazio e anzi si corre il rischio di dilapidare bellamente il patrimonio qualitativo mostrato tra i solchi di questa compilation tralasciando qualche piccola perla perfidamente celata chissà dove.
La cosa migliore da fare pertanto è scovare dal vostro negoziante di fiducia la cover raffigurante le due educande in attesa di “dare a Cesare quel che è di Cesare” e buttarvici a capofitto (nel disco s’intende!)…ne parleremo a fine ascolto.