Copertina 7

Info

Anno di uscita:2006
Durata:52 min.
Etichetta:Escape
Distribuzione:Frontiers

Tracklist

  1. LEARN TO LIVE WITHOUT YOU
  2. TAKE ME HOME
  3. CRY WOLF
  4. WHEN IT’S GONE IT’S GONE
  5. WAY OF THE WORLD
  6. IN THE SHADOWS
  7. DID IT FOR LOVE
  8. CHAINS
  9. DREAMS DIE HARD
  10. RUNAWAY GIRL
  11. SATELLITE
  12. SHINE ON

Line up

  • Steve Overland: vocals
  • Steve Morris: guitars, keyboards
  • Chris Childs: bass
  • Harry James: drums

Voto medio utenti

Il secondo lavoro degli Shadowman (debutto intitolato “Land Of The Living”, anno 2004) è un disco di AOR piuttosto soffuso e levigato, dalle intense connotazioni blues n’ soul, in cui splendono le scintillanti personalità artistiche di due fondamentali protagonisti della scena “adulta” britannica, Steve Overland e Steve Morris.
Adoro letteralmente quello che la laringe del vocalist degli FM è in grado di comunicare: la sua voce ti avvolge e appassiona con quel classico anelito bluesy che sa toccare le corde dell’emozione; per chi non la conoscesse (male!), si potrebbe parlare, allo scopo di offrire una qualche indicazione di massima in relazione alle sue specialità timbriche, di uno strepitoso crocevia tra Paul Rodgers, Lou Gramm e un Michael Bolton prima maniera, ma così facendo, molto probabilmente, non si renderebbe giustizia ad un formidabile cantante non sempre adeguatamente glorificato.
Il chitarrista degli Heartland è uno di quelli che non “sprecano” neanche una nota, sobrio e fluido, dotato di gusto sopraffino e di quel controllo sulle proprie sostanziose qualità tecniche, che fanno sembrare i suoi interventi quasi “facili”, fatti di quella semplicità e disinvoltura che solo i grandi dello strumento, che non hanno bisogno di aride ostentazioni, possiedono.
Anche la sezione ritmica, composta dai due Thunder Chris Childs e Harry James, sa in ogni modo come farsi rispettare, “naturalmente” affiatata, precisa, discreta e fantasiosa a sufficienza da consentire al “magnifico duo” di concentrarsi sull’aspetto prettamente “passionale”, senza alcuna preoccupazione di sorta.
Dopo un’introduzione a questi livelli “d’esaltazione”, bisogna purtroppo ammettere che “Different angles”, nonostante le singole individualità di valore assoluto, non è un capolavoro epocale: alcune canzoni sembrano un po’ troppo di “maniera”, non incidono come dovrebbero e dopo averle ascoltate e inevitabilmente aver apprezzato le caratteristiche specifico/individuali dei loro interpreti, il loro effetto “nel tempo” si affievolisce in maniera eccessivamente sollecita, lasciando poche tracce di sé nella memoria dei cultori del genere e per di più anche una registrazione leggermente troppo ovattata contribuisce a limitarne un po’ l’efficacia (produzione a cura, come già avvenuto nell’esordio, dello stesso Morris e mixaggio di Pete “Peewee” Coleman).
Se tutti i brani avessero avuto la vitalità dell’opener “Learn to live without you”, con il suo solismo chitarristico dai riverberi latin rock, la ricchezza “spirituale” di “Take me home” e “Dreams die hard”, l’incredibile effetto adescante di “In the shadows”, che accarezza i timpani con uno scampolo di quel tipo particolare di fervido velluto che ha reso famoso un certo “sarto” di nome Glenn Hughes o la forza emotiva dell’esplorazione di tipo ardente/intimistico attuata in “Way of the world” e “Did it for love”, oggi parleremmo di un Cd degno di finire direttamente nell’area destinata ai Top Album di Eutk e nella playlist annuale di ogni melodic rock fan non affetto da otopatologie degenerative e viceversa siamo costretti a limitarci a disquisire di un disco “solamente” molto buono, sul cui giudizio finale pesa senza dubbio quello che avrebbe potuto essere e che invece non è stato.
Tutto sommato, ci si può anche “accontentare”, ma quella piccola latente delusione, visto il talento del team albionico, è difficile da cancellare …
Recensione a cura di Marco Aimasso

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