Da un po' di tempo a questa parte la Relapse sta cercando di staccarsi dallo stereotipo di etichetta solo per metal estremo, accettando nella propria scuderia formazioni di tipo meno ortodosso ed in alcuni casi neppure inseribili nei vari filoni metallici.
I Don Caballero sono sicuramente uno di questi gruppi atipici, provenienti da aree musicali piuttosto particolari ed in grado di sostenere una dimensione del tutto personale.
D'altronde la formazione di Pittsburgh è sulle scene ormai da molti anni, durante i quali ha costantemente migliorato il proprio sound basato sulla sperimentazione e sull'innovazione, ed è sostenuta da un consolidato nucleo di fedelissimi.
Se ci si avvicina al loro disco cominciando a mettere in relazione i lunghi e bizzarri titoli dei brani con il fatto che sono interamente strumentali, è già un piccolo passo verso l'accettazione del gioco di una band dalla mente lucida ma contorta.
I Don Caballero infatti sono maestri nel costruire labirinti musicali geometrici ed inafferrabili al tempo stesso, anche se oggi pare abbiano ammorbidito le folli astrusità degli esordi.
Ci sono percorsi limpidi, aritmetici, che sembrano facili da seguire ed invece sfuggono sempre con qualche acrobatica svolta ad angolo retto o sussulti ritmici che cambiano totalmente la prospettiva iniziale. Musica a ruota libera, con fasi potenti e visionarie alla Neurosis ed altrettanti momenti avvolgenti psycho-progressivi sul genere dei Colour Haze, un torrente ritmico frantumato da scogli di rarefazioni oniriche, tecnicismi jazz-rock, liquidità space, singulti noise. E' una sorta di sfida lanciata all'ascoltatore, il quale deve districarsi tra innumerevoli linee che s'intersecano e decifrare il percorso di questi lunghi brani intricati, in pratica fare ordine in un mondo che la band ha costruito sul caos.
Missione impossibile? Senza dubbio molto difficile ed impegnativa. I Don Caballero non puntano certo al grande pubblico, casomai lanciano un richiamo ai fans di Pelican, Isis, Dysrhythmia, ed al massimo a quelli di improvvisatori come Karma to Burn, Stinking Lizaveta, Rotor per la presenza di nervosi passaggi ipnoticamente circolari. Siamo di fronte ad una formazione indubbiamente valida, capace, intelligente, creativa, trasversale ai generi e fuori dagli schemi, ma come tutte le proposte esclusivamente strumentali finisce per apparire tanto, forse troppo, elitaria.
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