Il nome del gruppo, il titolo e la copertina del disco non facevano certo ben sperare, invece questi finlandesi si lanciano a sorpresa sulle orme di Iron Maiden (un po’ alla stregua dei loro connazionali Machine Men…), Queensryche, Angra, una base di partenza alla quale i Manitou danno sovente un tocco più moderno ("Fool in Control") e progressive, alla Dream Theater ("The State of Mind", "By the Waves of Stars" o l'ottimo strumentale "Black Meadow"). Ma capita anche che i Manitou si arrischino pure a quel break jazzato che spezza la schizzata "Psychoracer" o che poi con la fumosa "Black Burning Flame" gettino uno sguardo al passato, con quel suo inizio blueseggiante, un brano caratterizzato anche da un passo rockettaro e da un cantato più ruvido da parte di Markku Pihlaja.
Ci troviamo generalmente di fronte a brani articolati e complessi, anche se talvolta i Manitou finiscono con il complicarsi la vita, dalle buone soluzioni ritmiche e sorretti sia dagli intrecci di chitarra (quanto devono a Murray/Smith quelli di "Waste, Damnation"?) e sia dalla prestazione di Markku Pihlaja, cantante versatile ed ottimamente impostato, e ad esempio lo dimostra ampiamente sulla lenta ed oscura "Swallowing The Dark".
Da sottolineare come la resa sonora di questo disco si collochi ai livelli di eccellenza, graffiante, nitida e potente, senza risultare pomposa o stucchevole.
In passato non hanno avuto troppa fortuna con la Rage Of Achilles, etichetta fallita subito dopo aver dato alle stampe il loro debutto "The Mad Moon Rising", album ristampato in seguito da quella stessa Firebox Records che ha fatto uscire il nuovo "Deadlock".
Si spera che da ora in avanti il "Grande Spirito" li protegga un po' meglio!
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