Una ristampa di considerevole valore quella del debut album dei norvegesi Da Vinci, sia per la qualità intrinseca dell’opera, sia per la difficile reperibilità del prodotto stesso, arrivato nella sua pubblicazione originale a quotazioni collezionistiche piuttosto elevate.
Il gruppo di Oslo è un degnissimo rappresentante della scena melodica nord europea, capace di assimilare la “lezione” impartita da TNT e Europe (e di conseguenza della loro particolare forma d’interpretazione dei classici del genere d’origine anglosassone) e di costituire, insieme a Skagarack, Alien, Stage Dolls, Bad Habit, Dalton e qualche altro, una formidabile “via” scandinava all’hard rock “radiofonico” d’estrazione yankee.
L’ambito stilistico di “Da Vinci” è ovviamente (siamo nel 1987) profondamente anni ’80 e riascoltato oggi tradisce completamente questa sua incontestabile appartenenza, ma è possibile che il ritorno in auge di queste sonorità, oltre che essere una plausibile motivazione di tale riedizione, riesca a garantire all’albo un meritato consenso anche nel nostro “iper-contaminato” e concitato anno 2006.
Ricordo che quando l’ascoltai per la prima volta, ai tempi della sua uscita, “Da Vinci” mi sembrò un lavoro eccellente, con quelle tastiere copiosamente distribuite, le chitarre ficcanti e patinate e quelle armonizzazioni vocali stratificate e vaporose, dove i refrain e i cori apparivano assai adulatori ed infettivi, e la pressoché medesima impressione è concessa pure da questa rimasterizzazione digitale (sebbene non sia in grado di valutarne completamente la portata, dacché la mia cassetta che conteneva la registrazione del platter “autografo” è divenuta praticamente inascoltabile!), nonostante siano passati gli anni e molteplici analoghe situazioni entusiasmanti si siano avvicendate al “cospetto” del mio sfiancato (ma felice!) apparato uditivo, segno evidente di una notevole validità “transepocale” delle composizioni.
Laddove la chitarra di Gunnar Westlie si manifesta come uno dei veri punti di forza del combo, il cantante Robert Aass non è invece esattamente valutabile come un fenomeno nel campo della fonazione modulata, ma si disimpegna in ogni caso con gran disinvoltura nelle varie “Lookin for love”, “She's a he”, “Forever in my heart” o nelle deliziose ambizioni romantiche affidate a “Tarquinia”, “Young Desperado” e “Ain’t no goodbyes” (tratta da un singolo e inclusa come bonus track), agevolmente identificabili come i momenti globalmente più godibili dell’intero dischetto.
I Da Vinci replicarono nel 1989 con il secondo “Back in business”, dopodiché persero il contratto discografico e si dispersero in varie collaborazioni più o meno significative.
L’ennesimo atto di riscoperta storica della sempre più attenta e competente MTM, merita tutta l’attenzione dei sostenitori di questi suoni, i quali potranno comodamente conoscere questa piccola/grande realtà europea senza doversi necessariamente “svenare” e un ringraziamento alla label teutonica “arriva” anche dalla mia vecchia “Sony HF”, che a questo punto può tranquillamente andare in pensione!
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