Dan Keying di fama Cydonia (due i Cd all’attivo), Nick Savio, già apprezzato in White Skull, Broken Arrow e Vicious Mary, nonchè collaboratore di Robin Beck (nel dischetto del “ritorno” “Do you miss me”) e Shadows Fade (dove supportava Kevin Chalfant e Alex De Rosso) e un’esperta sezione ritmica composta da Paolo Veronese e Matt Cingano, rappresentano il personale esecutivo degli
Hollow Haze, un progetto nato nel 2003 e giunto, con questo full-length autointitolato, al debutto discografico per l’etichetta bresciana My Graveyard Productions.
Una musica continuamente in bilico tra classic metal e hard rock (l’approccio alla materia adottato dai Savatage, non è, in alcune circostanze, poi troppo distante dagli schemi del gruppo italiano), con sfumati aliti prog in alcune soluzioni strumentali, ugualmente capace di aggredire o creare atmosfere drammatiche ed oscure, è quanto si può reperire nei dieci brani (più intro denominato “Dark & shadows”) contenuti nell’albo, in cui emerge immediatamente la duttilità tecnica ed interpretativa di Keying (molto buone anche le costruzioni corali) e il groove un po’ alla Zakk Wylde della carismatica chitarra di Savio, operanti, però, in un contesto compositivo non sempre adeguatamente incisivo, variegato e convincente.
La notevole forza di persuasione evidenziata in tracce eccellenti come “Breathless” (di cui è presente pure una gradevolmente frenetica versione video), “Final contest”, “Hollow haze” (la mia preferita!) e “Waiting” non è pienamente rintracciabile nel resto delle canzoni, che alternano spunti interessanti a momenti maggiormente anonimi, mantenendo in ogni modo l’apprezzamento complessivo su livelli più che accettabili.
Discorso a parte merita, poi, “Until your Heaven”, una sorta di “cantiere” aperto su traiettorie cangianti ad accresciuto coefficiente di contaminazione e volubilità, il cui risultato, al momento non esaltante, potrebbe però essere un importante indizio per futuri sviluppi da seguire con attenzione.
“Hollow haze” è un lavoro piuttosto valido, ma credo che i suoi ideatori abbiano tutti i numeri per progredire ulteriormente nutrendo quei germogli già alquanto rigogliosi, con minime dosi di creatività e con un modesto incremento nella varietà e nella fluidità delle partiture, e in questo modo rendere il “raccolto” finale “dell’approvazione” ancora più generoso e strutturato, grazie ad un prodotto realmente maturo ed in grado di imporsi con prepotenza in un’industria del disco sempre più stipata e competitiva.
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