Interessante come-back per gli svedesi
Cloudscape, al loro secondo full-lenght dopo l'esordio con l'album omonimo nel 2005. Registrato presso i Roastinghouse Studios e prodotto da Anders "Theo" Theander (Majestic, Pain of Salvation, Last Tribe) e Pontus Lindmar (inoltre va certamente rimarcato l'ottimo artwork a cura di Mattias Norén), "Crimson Skies" si presenta come un ottimo lavoro power-prog metal, che in un certo qualmodo ricorda le sonorità tanto care a bands quali Pagan's Mind e Circus Maximus, senza ovviamente dimenticare la lezione dei primi Vanden Plas e dei "maestri" Symphony X. I dodici brani di cui consta questo secondo album della band scandinava si caratterizzano per una durata media di circa cinque minuti (mai superati tranne che in "Psychic Imbalance", lunga poco più di sei minuti), facendo dunque in modo che il loro ascolto risulti estremamente scorrevole e mai noioso. Inoltre le composizioni brillano grazie a linee vocali, interpretate ottimamente dal vocalist Mike Andersson, mai banali e scontate, che per essere apprezzate ed assimilate appieno richiedono più ascolti, e da un sostrato sonoro in cui emergono prepotentemente i riffs ed i soli di indubbio gusto (vedere, ad esempio, "Shadowland") dei due guitarists Patrik Svard e Bjorn Eliasson, il tutto valorizzato da una produzione cristallina e potente. L'opener "Shapeshifter" non poteva esser miglior biglietto da visita per il disco in questione, dinamica ed al contempo potente, con un "tiro" micidiale e vocals grintose ed avvolgenti sfocianti in un coinvolgente refrain: un piccolo gioiellino. Altro punto a favore di "Crimson Skies" è la varietà dei brani, che, pur non brillando certo per originalità, si muovono su territori sonori abbastanza diversificati, talvolta più vicini a certo hard rock di matrice europea, altre volte più heavy, altre ancora ammiccanti al power-prog di scuola Symphony X. Come non lasciarsi trascinare dalla già menzionata "Shadowland", dalla superba "And Then The Rain", dall'articolata "Psychic Imbalance" o dalla sospesa atmosfera di "Hope"? In ultima analisi ci troviamo al cospetto di un lavoro che non deluderà coloro i quali non sono alla ricerca dell'originalità ad ogni costo, con la consapevolezza che comunque la proposta dei Cloudscape non si macchia del mero copia-incolla che purtroppo imperversa nell'ambiente power-prog odierno (ma non solo qui), ma che, anzi, brilla per freschezza e personalità. Le potenzialità ci sono tutte, da tenere d'occhio per il presente e, soprattutto, per il prossimo futuro.
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