Il mondo musicale è proprio strano: se una canzone a caso del repertorio dei tedeschi Fair Warning fosse mai stata trasmessa alla radio nel periodo in cui impazzava l’hard rock melodico dei vari Europe, Bon Jovi, Cinderella, Ratt e compagnia bella, probabilmente adesso saremmo qui a parlare di loro come appartenenti a quell’Olimpo dorato di bands che fecero la storia della musica dalla metà degli anni ottanta in poi. Mi si potrebbe giustamente obiettare che Tommy Heart e compagni si sono affacciati sul mercato mondiale quando ormai impazzava il grunge e queste sonorità erano viste come irrimediabilmente sorpassate, eppure niente potrebbe togliermi dalla testa che con un po’ di promozione in più… volete un esempio? Una mia amica ha ascoltato per caso “Save me”, uno dei loro dei pezzi più celebri e ha immediatamente esclamato: “Ma com’è che questi li conosci solo tu? Sono molto meglio dei The Calling!”
Ebbene possiamo dire che tutto tranne che la fortuna abbia arriso a questo straordinario act che, fatta eccezione per le centinaia di migliaia di dischi venduti in terra giapponese, sono andati incontro ad un progressivo ed inesorabile oblio negli Stati Uniti e nella vecchia Europa.
Oggi, a sei anni di distanza dall’ultimo, bellissimo, “Four”, questi ragazzi hanno per fortuna deciso di ritornare in pista, forti di un contratto con la Frontiers Records (eh sì, presto bisognerà aprire un processo di beatificazione…) e di un album nuovo di zecca, quel pluriannunciato “Brother’s keeper” di cui vi parlerò nei prossimi giorni.
Nel frattempo godiamoci queste lussuose ristampe che l’attivissima label italiana ha deciso di elargirci copiose per ingannare l’attesa: trattasi delle riedizioni dei primi due lavori dei Warning, l’omonimo debut e il successivo “Rainmaker”, da tempo ormai introvabili dalle nostre parti, più il concerto in dvd registrato a Kawasaky durante il tour del primo album, uscito ai tempi in Giappone ma ancora inedito da noi.
Che dire? Gli estimatori di lunga data sanno già di cosa sto parlando e possono già mettersi ad attendere “Brother’s keeper” (no, ancora non posso dirvi com’è, ripassate più avanti!), mentre per tutti gli altri… beh, se avete amato i Bon Jovi almeno fino a “Keep the faith”, se avete recentemente intravisto nei Gotthard i loro probabili eredi, se non riuscite a togliere dallo stereo uno qualsiasi dei primi lavori dei Whitesnake… beh, recuperate senza tante storie questi dischi! Certo, non siamo ancora nelle vicinanze di quello straordinario capolavoro che è “Go”, probabilmente uno dei dieci migliori AOR album di sempre, ma c’è pur sempre aria di prove generali e vi assicuro che ne vale la pena! “Fair Warning” è un esordio folgorante, un disco che in poco più di tre quarti d’ora spazzava via tutte le pretese rivoluzionarie del grunge con un sound vecchio come il mondo, ma più efficace di mille proclami di novità. Canzoni come “Longing for love”, “Heat of emotion”, “When love fails” o “Out on the run”, sono ancora pesantemente debitrici di quel rock da arena multiplatinato tipicamente americano, dal forte airplay radiofonico, e che aveva nei Bon Jovi di “Slippery when wet” i suoi esponenti di maggior successo. La somiglianza con la band del New Jersey è qui piuttosto evidente, e le canzoni mostrano un’attitudine hard che verrà poi progressivamente a cadere in funzione di un sound più personale ed europeo. Il livello del songwriting è comunque già altissimo e il connubio tra le melodie chitarristiche di Andy Malececk e la meravigliosa voce di Tommy Heart è il vero punto di forza di un lavoro che, lo ripeto, sarebbe stato destinato a distruggere ogni concorrenza, se solo avesse potuto godere di maggiore visibilità.
Non a caso in Giappone, da sempre attento a questo tipo di sonorità, la band ha spopolato: “The call of the East” è appunto la testimonianza vivente dell’impatto devastante dei Fair Warning in terra d’Oriente. Uno show straordinario, quello immortalato a Kawasaki nell’aprile del 1993, che mostra i cinque musicisti completamente in palla, eseguire i pezzi del debut con un tiro micidiale, mandando i giapponesi in un delirio che sinceramente non mi era mai capitato di vedere (chi sostiene che gli orientali siano tranquilli e compassati si guardi cinque minuti di questo dvd e si ricrederà!). Regia, qualità delle immagini e sonoro sono di prim’ordine (fatta eccezione per la eccessiva visibilità dei tagli operati), e c’è davvero da chiedersi come mai una cosa così sia rimasta nel cassetto per tredici anni! Davvero imprescindibile, soprattutto perché testimonia la fase più hard rock dei Fair Warning, fase durata appunto lo spazio di un disco, e che risulterà già superata col successivo “Rainmaker”.
In questa sede i tedeschi addolciscono notevolmente il loro sound, limando i riff assassini, i cori ultrapompati, e dedicandosi a composizioni forse più “soft” ma sempre dal grandissimo impatto melodico e commerciale. Appartengono a questo disco potenziali hit come “Burning heart” (che in Giappone ha effettivamente sbancato i botteghini), “Don’t give up”, “Get a little closer”, ma ci sono anche le atmosfere epiche e drammatiche di “Desert song” e “Stars and the moon”, e le ballate cominciano a reclamare sempre maggior spazio: personalmente ho sempre preferito i Fair Warning col piede sull’acceleratore, ma le varie “Pictures of love”, “Rain song”, “Lonely room”, “What did you find” sono canzoni che non possono non conquistare al primo ascolto.
Come dicevo, questo è il disco che ha spianato la strada al capolavoro “Go” e ne ricalca infatti il trademark stilistico assestandosi però su un livello leggermente inferiore.
Ora finalmente tutto il catalogo di Tommy heart e soci è disponibile in Europa: accaparratevelo perché non è ancora troppo tardi per far raggiungere a questa band lo status che realmente si merita… e poi io li voglio vedere dal vivo in Italia, poche storie!!
P.S. Il voto va inteso in senso complessivo: se vi sembra esagerato non fate altro che mettere mano al portafogli e constatare di persona…