Provenienti da Cordoba, gli spagnoli
Solarys giungono con
Endless Clockworks, al loro quinto album in studio (il primo in inglese), forti di una line-up quanto mai affiatata, praticamente immutata dal 2006, anno di fondazione della band (caso forse più unico che raro nel panorama musicale odierno), e quindi ormai collaudata, ne giova indubbiamente il song-writing che risulta particolarmente fresco sin dall’iniziale
In A Hideout Of Tear con i suoi fortissimi richiami ai Vanden Plas, soprattutto nelle linee vocali ben curate e riuscitissime da parte del dotato frontman
Manuel Lobo.
Non da meno comunque il lavoro delle chitarre di
Javier e
Salvador Almagro, che alla lunga si rivelano le vere e proprie protagoniste del disco, rendendosi autrici della costruzione di trame intricate ed in costante evoluzione, come nella Dreamtheateriana
Alter Ego o nella successiva
The Last Door, dove la pesantezza dei riffings lascia spazio a improvvise aperture melodiche che catturano l’ascoltatore, ed è probabilmente quest’ultimo il vero e proprio punto di forza della formazione andalusa, capace anche nelle tracce successive (vedasi le bellissime
Broken Eyes, e
The Missing Mirorr) di creare degli asprissimi giri di chitarra, il cui scopo è chiaramente quello di accrescere la tensione del pezzo, la cui regolarità viene poi spezzata da ariose quanto inaspettate melodie che interrompono la drammaticità delle atmosfere per lasciar spazio ad un barlume di speranza, a cui contribuiscono non poco gli assoli assolutamente incisivi e mai banali (se dovessi scegliere, forse il solo in assoluto più bello ed emozionante dell’album è quello di
Faceless God) che nel contempo risaltano le doti tecniche dei musicisti.
Il disco riesce a risultare ispirato e mai monotono anche nei pezzi che, al primo impatto, potrebbero sembrare meno riusciti, come
Recall o l’ipnotica
Solaris, traccia dall’andamento forse troppo regolare ma che, con le sue profonde e dolcissime composizioni melodiche, sa come toccare le corde oniriche di un pubblico che, come vuole la tradizione progressive, è composto prevalentemente da romantici sognatori, stesso discorso potrebbe essere fatto per
Deepest Dream (titolo certo non casuale) che, facendo leva sulla sua intensità emotiva, lascia un segno indelebile, racchiudendo forse meglio di tutte le altre songs il significato ed il valore intrinseco di quest’ultima fatica degli spagnoli.
Insomma in conclusione,
Endless Clockworks si dimostra a tutti gli effetti, coi suoi toni chiaroscuri ripresi anche dal malinconico ed affascinante artwork, un disco destinato ad un pubblico particolarmente sensibile e con una certa predisposizione a compiere dei lunghissimi viaggi introspettivi, non sempre piacevoli, che lasciano un sapore agrodolce. Per quanto mi riguarda quest'ultimo album dei
Solarys è stata una delle scoperte più gradite in ambito prog-power del 2019 (forse inferiore solamente al debut degi Ark Ascent, se parliamo di gruppi emergenti, senza scomodare chiaramente le bands già affermate da anni) e per questo mi sento di consigliarlo a tutti gli amanti del genere.
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