Copertina 5

Info

Genere:Avantgarde
Anno di uscita:2020
Durata:62 min.
Etichetta:Rockshots Records

Tracklist

  1. SACRIFICE
  2. TARTARUS
  3. EXCELSIS
  4. THE WOLF, PT. I. INVOCATION
  5. THE WOLF, PT. II. SANCTUARY
  6. STARS
  7. EMPYREAN
  8. PARADIGM
  9. BREATHEIA
  10. THE 9TH CIRCLE, PT. I. CAINA
  11. THE 9TH CIRCLE, PT. II. JUDECCA
  12. THE 9TH CIRCLE, PT. III. INFERNO

Line up

  • Je Schneider: Lead Songwriter & Lyricist, Multi-Instrumentalist, Vocalist
  • Eric Gillette: Lead Guitar
  • Diane Lee: Vocals
  • Eric Castiglia: Vocals

Voto medio utenti

L’aspetto positivo di questa band americana, in cui tutto ruota intorno alla figura del polistrumentista Je Schender, va indubbiamente individuato nell’incredibile voglia di sperimentare andando alla ricerca di vie alternative a quelle già ampiamente tracciate in tutti i sottogeneri del metal.
Tuttavia, a conti fatti, ed è questo il lato negativo, non si può certo affermare che l’esperimento dei nostri vada propriamente a buon fine.
Si diceva dunque che la vera e propria protagonista di Excelsis è la sperimentazione, che da un parte genera anche episodi apprezzabili come la title-track, che si distingue soprattutto per il duetto tra tastiere e chitarra (quest’ultima a cura di Eric Gillette della Neal Morse Band), o come la gradevole Empyrian, tutto sommato un buon episodio di prog-power, o ancora, qualche sprazzo di luce si ritroverà anche nella conclusiva The 9th Circle Pt III: Inferno.
Gli elementi veramente degni di nota però terminano qui, poiché nel resto del disco la ricerca musicale diventa per gli Isle Of The Cross un’autentica ossessione che sfocia in composizioni musicali molto confuse caratterizzate, tra le altre cose, da un cantato in growl fuori luogo, cori inopportuni e inserti elettronici senza senso, ne sono valido esempio episodi come Sacrifice, Tartarus, o la plasticosissima Breathe, tracce che vogliono abbracciare diversi stili, dal prog al death, passando per il power, senza tuttavia, a conti fatti, risultare né carne e né pesce, come si suol dire. Perfino brani come Paradigm o The Wolf, la cui qualità viene senza dubbio innalzata grazie ai bei soli di chitarra, alla lunga distanza crollano nell’anonimato, mentre Stars è una delle ballate più piatte che personalmente abbia mai ascoltato.
Insomma, come si diceva all’inizio, alla fine l’esperimento non è riuscito e francamente questo esito ha lasciato un pò di amaro in bocca a me per primo, perché ho sempre ritenuto che bands che sono costantemente alla ricerca di nuove soluzioni musicali andrebbero incoraggiate con tenacia, ma in fondo, come si dice, è dalle cadute che si impara a stare in piedi!


Recensione a cura di Ettore Familiari

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