A ben otto anni di distanza dal precedente lavoro, gli americani
Canis Dirus si riaffacciano sul mercato discografico con il nuovo album
"Independence To The Beast", il terzo della loro carriera, andando a comporre una sorta di puzzle delle diverse influenze che caratterizzano il suono del leader
Todd Paulson, accompagnato in questa occasione dal cantante
Rob Hames.
Il disco, infatti, è caratterizzato da una forte eterogeneità che ne rende l'ascolto piuttosto complesso e che rende difficile inquadrarlo in un senso solo, sebbene l'atmosfera generale resti oscura e certamente triste poiché frutto di un lungo periodo di rabbia, sofferenza e isolamento nel quale sembrava essere sprofondato il buon
Todd .
Al di là del "mood" generale,
"Independence To The Beast" spazia dal black metal di alcuni brani, tra influenze norvegesi ed altre di matrice "cascadian", al neo folk dei momenti più intimi, passando, inoltre, per rallentamenti vicini al funeral doom fino a sfiorare lidi di caustico death, in un connubio che sarà apprezzato soprattutto dagli estimatori di sonorità alla Agalloch e comunque tendenti alla parte più atmosferica del metal estremo.
I
Canis Dirus, al netto di alcuni momenti portati troppo alle lunghe e di certe soluzioni un po' banali, dimostrano di possedere un songwriting interessante che permette loro di evolversi rispetto alle uscite precedenti pur restando, in qualche modo, fedeli alle proprie origini, e di scrivere pezzi evocativi nei quali sarà facile ritrovarsi ad immergersi perdendo contatto con la realtà circostante.
"Independence To The Beast" non raggiunge i vertici dei modelli dei Nostri, ma è un album da ascoltare con attenzione e, sicuramente, da supportare perché composto con il cuore e con l'assoluto rifiuto di qualsiasi forma di mercificazione, cosa questa che rende onore al duo americano e ce li fa apprezzare anche al di là dei loro reali meriti.
Per quanto mi riguarda, promossi.
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