L’inizio non è di quelli memorabili: una breve intro e poi attacca "
The Hammer" con gli
Invictus, al loro primo album, si prospettano come dei novelli Hammerfall, con un’opener d’ordinanza e alquanto banale, peraltro sorretta da una resa sonora non particolarmente brillante. In loro soccorso giungono i due brani successivi, più briosi e con un miglior guitarwork, mentre non fugano tutti i dubbi né il drumming di
David Knobbe, non tanto per colpa del batterista ma per via di una registrazione che gli non rende onore né tantomeno l'incolore prova al microfono di
Nicolas Peter. "
Through the Storm" vede nuovamente il quintetto bavarese ricalcare le orme dei già citati Hammerfall, soprattutto quelle lasciate ai tempi di "Legacy of Kings", ma con risultati non all'altezza, provano allora a spingere sull'acceleratore (un po' alla Gamma Ray) prima con "
Thought of an Idea" e poi con la helloweeniana "
Livin’ in the Future" (per ora la migliore canzone del lotto), ma anche qui l'impresa si fa ardua e gli originali restano fuori portata.
Non fraintendetemi, non sto criticando gli
Invictus per il loro riecheggiare (che sia vero, voluto o no) alcuni dei gruppi che hanno dato un'impronta al genere, ma semplicemente per il non farlo nel migliore dei modi. E non vorrei nemmeno colpevolizzarli e confinarli all’Inferno, ma sono proprio loro che si imbarcano lungo il "fiume dell'odio" e attaccano con "
Styx", una ballad discretamente strutturata e interpretata, contesto dove
Nicolas Peter sembra riuscire a dare il meglio di se. Un momento di quiete, prima che "
Break the Chains" e la tutto sommato discreta "
Insomnia" ci riportino gli
Invictus più powereggianti, con tutti i difetti e i pregi già sottolineati.
Non che non me lo aspettassi, ma è con la conclusiva "
Burning Empire" che poi piazzano il colpo vincente, quello che ci mostra il lato migliore dei tedeschi, proprio grazie ad un bell'episodio di Classic Metal più epico che speedy, con l’ennesima bella prestazione dei due chitarristi,
Fabio Winter e
Andreas Honsberg.
Trattandosi del loro primo lavoro sulla lunga distanza e ad opera di una formazione che ha solo un paio di anni alle spalle, per quanto i suoi componenti abbiano già macinato esperienza negli Avator e nei Beerhammer (formazioni più inclini a suoni thrasheggianti), il giudizio su
"Eden" è sicuramente positivo, ma per la prossima uscita l'asticella si alzerà.
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