Copertina 7,5

Info

Anno di uscita:2020
Durata:56 min.
Etichetta:Frontiers Music

Tracklist

  1. HERE COMES THE KING
  2. DIRTY BLUES
  3. I DISAPPEAR
  4. THE DYING
  5. LAST MAN STANDING
  6. SIREN SONG
  7. THE VOICE OF A SOUL
  8. COLD
  9. ESCALATOR TO PURGATORY
  10. HIGHER
  11. GRAND MASTER

Line up

  • Dino Jelusic: vocals
  • George Lynch: guitars
  • Trevor Roxx: bass
  • Will Hunt: drums

Voto medio utenti

L’ho sempre pensato e oggi che la frenesia e le varie piattaforme di condivisione e streaming di contenuti musicali hanno per certi versi complicato ulteriormente la faccenda, ne sono ancora più convinto: un "vero" rockofilo non dovrebbe mai giudicare una produzione discografica dal singolo che ne anticipa l’uscita.
Prendete questi Dirty Shirley, che vedono coinvolti un maestro della chitarra metallica e uno dei vocalist maggiormente dotati dell’ultima generazione … ascoltare “Here comes the king” potrebbe bollare l’intero progetto come l’ennesima, godibile, reiterazione dell’immarcescibile arte griffata Rainbow / Dio / Sabs, sviluppata con approccio competente e magari un po’ troppo didascalico.
Errore … perché in realtà “Dirty Shirley” è un lavoro decisamente più articolato, in cui il vulcanico George Lynch (Dokken, Lynch Mob, KXM, The End Machine, …) e l’astro nascente Dino Jelusic (Animal Drive) mescolano con disinvoltura heavy rock, blues, hard, grunge e psichedelia, sorprendendo parecchio chi si aspettava una “semplice” riproposizione di sonorità maestose ed evocative.
Un album di concezione quasi “Zeppelinesca”, direi, per l’eclettismo stilistico che ingloba nei suoi solchi e per la voglia di “sperimentare”, seppur nei rigorosi confini del rock n’ roll, che i nostri esprimono sfruttando abilmente le loro incredibili qualità tecnico-interpretative.
Sostenuto dal basso di Trevor Roxx e dai tamburi di Will Hunt (ma non dimentichiamo il missaggio curato dall’onnipresente Alessandro Del Vecchio), il programma, dopo la possente opener, si sposta con “Dirty blues” su coinvolgenti e scanzonati sentieri sleazy di marca Aerosmith-iana, per poi immergersi, attraverso le note scure e inquiete di “I disappear”, in atmosfere care agli indimenticabili Alice In Chains, il tutto conservando spiccata fluidità e una notevole forza espressiva.
A ratificare l’orientamento “mutante” dell’opera, arrivano la splendida ”The dying”, palese dimostrazione di come l’hard-rock “classico” possa essere emendato da fastidiose patine manieristiche, una “Last man standing” all’altezza dei migliori Alter Bridge e il contagioso dinamismo di “Siren song”, figlia legittima di Rainbow e Lynch Mob.
Il clima vellutato e notturno di “The voice of a soul” materializza l’immagine di una sorta di Bad Company del terzo millennio e se “Cold” pulsa di straniante funky e soul alla maniera dei KXM, l’estro di Lynch prende risolutamente il sopravvento nelle illuminazioni blues/fusion di “Escalator to purgatory”, nelle fascinose stravaganze soniche di “Higher” e nelle magnetiche liquidità esotiche di “Grand master”, che lo confermano, qualora ce ne fosse bisogno, un musicista assai creativo e tutt’altro che appagato e demotivato.
Sottolineando, infine, l’eccezionale prestazione vocale di Jelusic (degno discepolo di R. J Dio, Coverdale, Jorn, Russell Allen e forse addirittura più duttile dell’ottimo Ronnie Romero, tra i suoi principali “rivali” nel raccogliere adeguatamente eredità tanto impegnative), non mi resta che esortarvi, in linea generale, ad ascolti integrali e attenti, consigliandovi, nello specifico, di applicare tale precetto a “Dirty Shirley”, un disco che a dispetto della “apparenze” (compresa la poco attraente veste grafica), sa essere fantasioso e garantire un cospicuo appagamento cardio-uditivo.
Recensione a cura di Marco Aimasso

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