Forse in Italia non sono molto conosciuti, ma i
Supersuckers sono una delle rock'n'roll bands dell'underground americano più stimate e rispettate. Guidata dal carismatico bassista/cantante
Eddie Spaghetti (
Edward Carlyle Daly III), la formazione dell'Arizona arroventa i palchi di mezzo mondo fin dalla fine degli anni '80. Dirty rock, blues-rock moderno, rock'n'roll alcolico, junkie-rock, rock'n'roll punk o garage, ci si può sbizzarrire quanto si vuole per descrivere un sound che mantiene salde le radici nell'essenza del rock fin dai suoi albori: energia, essenzialità e divertimento. Niente di elaborato, di complicato, di contaminato con altri stili, qui siamo nel territorio della musica più diretta, basilare ed epidermica. Chitarra, basso, batteria e voce, che producono brani rock concisi e ritmati, caldi e grezzi, tutti inseriti in un contesto punk-anarcoide ben noto ai rednecks statunitensi.
La formazione è giunta al suo tredicesimo album in studio, ai quali vanno aggiunti una pletora di split, live, ep, singoli. Una produzione abbondante, com'è caratteristica delle band ai margini del mainstream musicale, delle produzioni patinate, delle elucubrazioni mentali. Soltanto puro e sano rock da battaglia, ruvido e melodico al tempo stesso, muscolare e cantato con voce strascicata e fumosa. Ascoltando questo "
Play that rock'n'roll" possono venire in mente nomi come Stray Cats, George Thorogood, ZZTop, Ramones, Tom Petty, Ac/Dc a seconda che la miscela abbia più vibrazioni bluesy, hard, punk o melodiche. I pezzi sono brevi, diretti, in your face, pensati per l'impatto live. Troviamo episodi come "
Ain't gonna stop" o "
Bringing it back", con il loro tiro selvaggio ed infuocato, ma anche momenti ispirati a periodi ancora più lontani come la title-track o "
A certain girl" che ci riportano agli albori sessantiani della musica rock. Grande immediatezza e divertimento, orecchiabilità e ritmo sanguigno ("
That's a thing", "
You ain't the boss of me") e scampoli di blues ("
Deceptive expectation") e proto hard-rock ("
Ain't no day"). Sinceramente non si può chiedere di più ad una band di questo genere, completamente avulsa dalla modernità e da schemi che non siano quelli del rock originario ed incontaminato.
I
Supersuckers non avranno mai un successo di massa, ammesso che la cosa interessi loro, ma rimangono un baluardo difensivo della essenza e dello spirito originario del rock. Lunga vita a loro.
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