L'onda revivalista del rock contemporaneo ci sta portando sempre più indietro nel tempo. Dopo aver saccheggiato qualsiasi influenza degli anni '80 e '70, siamo giunti anche ai '60 ed al suo hippie-garage psichedelico onirico e stroboscopico. I newyorkesi
The Electric Mess propongono proprio quel tipo di sound, un conturbante intreccio di primi Pink Floyd, Vanilla Fudge, 13 Floor Elevators, Rolling Stones, Yardbirds, Stooges, Velvet Underground e qualsiasi cosa che graviti intorno a quel periodo musicale. Una band fuori dal tempo? Assolutamente si. Musica che sembra provenire dai vinili polverosi ed usurati della seconda metà dei sixtiees, con le tastiere ultra-vintage e l'atmosfera dell'LSD che nutre la mente. Ma che questo gruppo lo sappia interpretare alla grande, non c'è alcun dubbio. I brani del loro quinto album sono piccoli gioiellini retrò-rock, che ci fanno venire voglia di rimettere le camicie a fiorelloni caleidoscopiche, le collane trippy ed i pantaloni a zampa di elefante.
Guidati dalla voce suadente e sensuale di
Esther Crow, gli americani snocciolano una scaletta che farà inorridire i paladini del modernismo rock, ma affascinerà gli amanti degli stili più antichi, garage, creativi e lisergici. Una "
Speed of light", torbida, orecchiabile e ritmata, fa impallidire molte cose psycho-rock più pompate e contemporanee. Sembrano gli Hawkwind degli esordi, mischiati con il Rolling Stones più drogati. Breve, ma micidiale. Pezzi come "
Too far" o "
Laserbrain" possiedono il fresco mood melodico del "flower power", come non fosse trascorso già mezzo secolo. Ballate californiane come "
Bad man" o la lieve e malinconica "
Last call", cantata da
Dan Crow, profumano di funghi allucinogeni e amore libero, come estratti dai dischi dei Grateful Dead appena sfiorati dalla compulsività isterica della società globale contemporanea.
Una componente altrettanto essenziale dello stile del quintetto sono le tastiere anacronistiche di
Oweinama Biu, che contribuiscono in maniera decisiva a ricreare un feeling mai completamente dimenticato. Un tuffo nel passato del rock più "easy and free", che riesce ad emozionarci anche in occasioni di rivisitazioni didascaliche come questa.
I
The Electric Mess rimarranno formazione per pochi intimi, tenuto conto che i tempi sono cambiati ed una proposta del genere può apparire a molti come troppo vintage e revivalistica, ma le loro canzoni sono davvero brillanti, energetiche, acide e coinvolgenti al tempo stesso. Bravi e meritevoli d'attenzione, per chi ama il rock psichedelico delle origini.
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