“
Il tempo è come un fiocco di neve, scompare mentre cerchiamo di decidere che cosa farne”.
(
Romano Battaglia)
Tempus fugit: si tratta di un discorso pluri-sviscerato ed analizzato da ogni angolo prospettico nel corso dei millenni… tanto da diventare tedioso anzichenò.
Per fortuna, a mettere una pietra tombale (in tutti i sensi possibili) sul tema della rapidità con cui gli anni ci scivolano tra le dita, interviene il
doom dei
Noctu. Un
doom che trascende addirittura i confini del
funeral tanto è sepolcrale, liturgico, lento oltre l’esasperazione, in grado di rendere ogni singolo istante un’eternità di angoscia e mal di vivere.
D’altro canto andiamo tutti incontro alla morte, dunque perché affrettare il passo?
La
one man band italica, in effetti, se ne guarda bene, avviluppando l’incauto ascoltatore in un asfissiante sudario sonoro fatto di lugubri litanie, desolanti rintocchi di pianoforte, luttuosi inserti
ambient, dolenti linee di chitarra, lontane linee vocali che emergono, come sussurri dei defunti, dall’umido terriccio di un camposanto abbandonato…
L’esperienza uditiva, senza voler risultare iperbolico, lambisce i confini dell’esperienza mistica.
Se non mi credete, provate voi stessi: ascoltate “
Gelidae Mortis Imago” tutto d’un fiato, in cuffia, al buio, e lasciate che la musica prenda la vostra immaginazione per mano.
Ho motivo di ritenere che vi condurrà in luoghi bui della mente che a malapena immaginavate di possedere…
Al tempo stesso, se amate certe sonorità, faticherete a non immergervi nuovamente nei raggelanti abissi di vuoto esistenziale di cui sono intrisi brani come “
Fitte Tenebre (le Radici dell’Inferno)” o “
Isolato da un Mondo senza Speranza”.
Se amate certe sonorità, lo si ribadisce, e dunque parliamo di pochissime anime… ma il buon
metal estremo dovrebbe essere così, nevvero?
Bravi
Noctu: con voi il tempo scorre lento e doloroso, ma è decisamente ben investito.
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