Copertina 6,5

Info

Anno di uscita:2020
Durata:43 min.
Etichetta:High Roller Records

Tracklist

  1. WAKING THE DEMONS
  2. NO MERCY
  3. TIME TO RELOAD
  4. ALL IN
  5. BRAIN DEAD
  6. DIE WITH ME
  7. MERCHANTS OF FEAR
  8. DYNAMITER
  9. KILL THE BEAST
  10. MELTDOWN

Line up

  • Pauly: vocals
  • Axxl: guitar
  • Clode: guitar
  • Stämpfe: bass
  • Aaron: drums

Voto medio utenti

Stallions of the highway... of the highway... on Metal.it...

Gli Stallion con "Slaves of Time" giungono al loro terzo album, un appuntamento che storicamente fa da spartiacque tra quelli che vorrebbero e quelli che ci sono riusciti.

Dove si colloca allora la formazione tedesca?
Beh... prendiamo larga.

Più che schiavi del tempo, gli Stallion mi sembrano schiavi dell'influenza del Metal degli anni ottanta, senza particolari predilezioni e preclusioni visto che dopo un'opener, la potente e spedita "Waking the Demons", dove di sentono echi di Grave Digger, Warrant e del Metal Teutonico in generale, un inizio energico e d'impatto cui non si tirano indietro nemmeno nella seguente "No Mercy", con le chitarre che guardano più allo Speed & Thrash schizzato degli Assassin o dei Deathrow e il cantante Pauly che aggredisce le vocals e il microfono. A ciel sereno eccoci servito il potente Hard Rock alla AC/DC e Krokus di "Time to Reload" e di "All In" piazzate in rapida successione, rutilanti e impreziosite da un ottimo lavoro dei due chitarristi, Axxl e Clode. Quel basso che rende omaggio a Lemmy e che apre "Brain Dead" cede poi il passo a velocità priestiane e passaggi quasi alla Anthrax, il tutto non particolarmente ben approcciato e sviluppato in maniera piuttosto confusa. Altro giro ed altra corsa ed ecco una ballad, "Die With Me", a metà strada tra quelle più famose dei Guns N' Roses e Skid Row e quelle messe in musica da molte delle Power Metal Made in Germany, anche questo episodio viene salvato in corner dall'incisività dei due chitarristi. Si torna al Thrash (stavolta quello sviluppatosi delle parti di San Francisco) con la frenetica "Merchants of Fear" e le bordate speedy (avete presente i canadesi Exciter e Razor?) di "Kill the Beast", separate da una "Dynamiter" dove torna ad aleggiare l'ombra dei Motorhead. Infine, come un cerchio che si chiude, "Meltdown" si riallaccia al buon vecchio Power & Speed teutonico già incrociato nell'opener. 

Un po' troppe cose ficcate a forza nel pentolone e anche per questo espresse con poca naturalezza ed efficacia, mi impediscono di guardare a questo "Slaves of Time" con particolare entusiasmo. 



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Recensione a cura di Sergio 'Ermo' Rapetti

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