Questa recensione ha per me un sapore fortissimo di '
amarcord', e vi spiego perché.
Era circa il 1994/95, magari qualcuno di voi non era ancora nato o andava all'asilo; io, invece, giravo la mia Sicilia e dintorni con i
Nemesis, la mia gothic metal band. A quei tempi la scena musicale siciliana era molto florida e non era raro partecipare a festivals organizzati qui e là. Bene, in molti di questi festival mi era capitato di 'incrociare le asce' con i palermitani
Acacia, prog metal band che, di lì a poco, avrebbe pubblicato il primo full length per
Undergound Symphony. Bella band, bella strumentazione, ci si riconosceva, si scambiavano le classiche chiacchiere di rito nel backstage, aspettando che fosse il turno di questo o quell'altro gruppo, e poi ci si salutava, ognun tornando a casa sua.
Flash Forward: nel 2005 lascio per sempre la Sicilia e divento ravennate d'adozione. Non smetto di suonare, quello MAI, ma ovviamente perdo i contatti con praticamente chiunque di giù. Potete quindi capire lo
Shyamalan twist quando il sommo
GG mi butta lì codesto CD e mi fa "questi vengono dalle tue parti, magari li hai sentiti nominare..."
Disbelief. Eppure, sul momento, non riesco a mettere a fuoco. MA ricordo il monicker, ricordo il nome di
Martino Lo Cascio, chitarrista e mastermind, e mentre i ricordi affiorano mi ritrovo a chiedermi se possano davvero essere loro, d'altronde sono passati 25 anni, una vita, per me anche due o tre...
E invece CARRAMBA! Martino è sempre lui, dopo il debut album gli Acacia si sono fermati ma lui no, e sotto la voce "
resilienza" da adesso nei dizionari c'è lui, che 24 anni dopo resuscita i suoi Acacia con un album dal titolo più che ovvio.
Ok, chiudiamo la parentesi emotiva, e passiamo alla fredda cronaca. La band si è rivoluzionata, ovviamente, ha aggiunto vari nuovi componenti, tra cui il vocalist
Gandolfo Ferro, qualcuno lo ricorderà nell'ultimo periodo degli
Heimdall. Il disco che mi trovo a recensire è un album maturo, scritto e pensato a lungo (come Martino conferma in varie interviste), ma dai suoni moderni e molto ben prodotto.
A cavallo tra i nuovi Queensryche, una spruzzata di Pink Floyd, i Pendragon e qualche eco (almeno per me) degli Shadow Gallery che furono, i brani sono molto convincenti, dove la parte prog è presente ma sempre al servizio dei brani, che hanno il grande pregio di suonare molto variegati e poco simili tra di loro. Unica nota di demerito, a mio personalissimo parere, il fatto di far usare a Gandolfo il suo registro di sovracuti un pò troppo spesso, quando invece la sua voce è (sempre a mio parere) mooolto più interessante dalle parti del baritono/tenore. Ma sono gusti, come disse il mio gatto leccandosi il cu*o.
Bella e suggestiva l'intro "
Obsession", come il power mid-tempo "
Light in shadows", la sorprendente "
My Dark Side", o il suggestivo finale affidato ad una malinconica "
The Man", una sorta di autobiografia in musica, con tanto di struggente voce femminile, eco di mille sirene...
Insomma, finché c'è vita c'è speranza, chi non muore si rivede, il nuoto è uno sport completo e tutte le altre frasi di rito che preferite: resta il fatto che "
Resurrection" è un gran bel disco, e che sono a dir poco felice di risentire gli
Acacia suonare la loro gran bella Musica. Bentornati!