Quando ho sentito il primo brano di questo album, ho subito pensato ad una band del Texas o della Virginia. L'inconfondibile miscela di southern/groove rock, echi Hendrixiani, dirty-blues alla Steve Ray Vaughan, ritmi turgidi ispirati agli ZZTop, mi portavano a pensare ad una formazione americana del movimento heavy rock di ultima generazione, sul tipo Dirty Rig, Gozu, Black Pussy e affini. Invece i
WildKing sono un trio della Brianza, al loro secondo capitolo discografico. Una band italiana, lo dico subito, molto molto valida e interessante.
Rock energico, bruciante, diretto ed alcolico, costruito su up-tempo viscerali ed assoli debordanti. Ci sono vibrazioni metalliche in pezzi come "
Make it right" e "
Middle finger" dove sembra di ascoltare Hendrix intrippato dell'hard rock più fiammeggiante, ma anche episodi torbidi ed insinuanti sul genere del moderno swamp-rock ("
Circus") e tracce maggiormente bluesy ispirate al sound avvolgente dei ZZTop ("
Roll the dice"). Non manca la presenza del southern, come in "
Downhome" che potrebbe essere benissimo una canzone dei migliori The Outlaws, nella loro versione whiskey-oriented, ma anche il puro e semplice groove rock'n'roll di "
The jackal", una sorta di hit orecchiabile e travolgente (con citazione finale del film cult "I guerrieri della notte").
Il tiro e l'impatto sono sempre grintosi, la voce del bassista
Dudu è positivamente graffiante, la chitarra di
Rena galoppa come un purosangue mentre il drumming preciso di
Silvio funge da collante per le colorite svisate solistiche. Sorprende la freschezza con la quale il trio reinterpreta una materia così classica, con un'attitudine encomiabile che permette loro di non sbagliare un colpo in questo album.
Promossi a pieni voti.
Se fossero statunitensi, i
WildKing avrebbero senz'altro un riscontro maggiore, ma proprio per questo motivo è una band da sostenere senza esitazione. L'Italia del rock non finisce mai di sorprendere.
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