Siamo giunti finalmente al quinto album di un gruppo che ormai ha imparato come si fa del death metal old school, anche se molto melodico. Devo essere sincero, appena preso “in mano” questo disco ho pensato subito ad un sacco di analogie con gli
Amon Amarth, i vecchi Amon Amarth. Già il titolo, “
The Hour Of The Avenger”, un evidente richiamo agli svedesi già citati, ma questo è un dettaglio. Quello che mi ha più colpito è stata chiaramente la somiglianza musicale: un sound molto pieno, denso e anche un po’ compresso devo dire, tanta melodia, a volte non esattamente originale, ogni tanto qualche richiamo ai
Dismember di “
Like an Everflowing Stream” e “
Indecent and Obscene”, sia nel suono (bellissimo) del vecchio caro HM-2, sia nelle strutture dei brani.
Menzione particolare per l'ennesima copertina esaltante dei
Revel In Flesh, che ormai da sette anni si affidano alle mani del grande
Juanjo Castellano.
So bene che è l’aspetto più superficiale della filiera produttiva di un disco, ma io continuo a elogiare il lavoro artistico di Castellano. Copertine stupende, una più dell’altra:
Nightbrearer,
The Black Dahlia Murder,
Sentient Horror e altre decine di gruppi. Devo essere sincero: forse mi piacciono tanto perchè ricordano un po’ lo stile di
Dan Seagrave, ma considero Castellano uno dei più talentuosi Cover Art-maker del decennio.
Le canzoni in verità si assomigliano molto, tutte con la stessa, anche se sulfurea e spesso piacevole, atmosfera, lo stesso modo/intento nel costruire riff e assoli. Riff e assoli che presi singolarmente sono molto validi, ma che (ancora una volta) si assomigliano tra loro e che dopo 45 minuti di musica iniziano a pesare.
Ultima menzione per la scelta della cover, Rock Out dei
Motorhead, che secondo me è, oltre a un tributo a
Lemmy che non guasta mai, non serve a nulla, anzi, c’entra veramente poco. Nei primi due dischi dei
Revel in Flesh le cover erano ottime e quanto meno coerenti con il genere (
Benediction e
Autopsy), ma nei seguenti dischi mi lasciano molto perplesso (
Manilla Road,
UFO e appunto Motorhead), mi sembrano veramente fuori contesto, anche se ri-adattate ad un sound death.
In fin dei conti
The Hour of the Avenger non ha ne picchi ne abissi, in fin dei conti è un disco coerente, ben prodotto, ben suonato e un bel sottofondo per le pulizie di casa, ma niente di più.
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