I
Blaze of Sorrow costituiscono (l’ennesima) dimostrazione che nel mondo non vige la meritocrazia.
I miei concittadini, infatti, a fronte di una discografia ormai ampia ed immancabilmente valida, di una proposta pregna di fascino e di una caratura artistica di molto superiore alla media, non hanno ottenuto un briciolo del riscontro che avrebbero meritato.
Meno male che ci siamo noi, cronici sognatori -per non dire illusi- di
Metal.it a porre nel giusto risalto le opere di misconosciute realtà
underground, magari a scapito di grandi nomi che di grande, ormai, hanno per l’appunto solo il nome…
… e meno male che ci sono valide
label come la
Eisenwald a credere in progetti come quello mantovano, giunto oggi, con “
Absentia”, al suo sesto
full length.
Rispetto al precedente “
Astri” sono state accantonate le tendenze
rockeggianti che si potevano udire qua e là, ma non si è affatto rallentata la spinta all’ampliamento dello spettro sonoro.
Le coordinate base, si badi, rimangono grosso modo le medesime:
folk black metal melodico con un pizzico di
dark e
cascadian, il tutto intriso di malinconico intimismo; ciò detto, le novità ci sono e si notano.
Inizierei dal notevole irrobustimento della
line up: dapprima
one man band di
Peter, poi duo con l’aggiunta del fidato
Nicolò dietro le pelli, i
Blaze of Sorrow si sono oggi tramutati in quartetto, grazie all'inserimento del chitarrista
A.S. e del bassista
V.Segnalerei poi il notevole cambio di passo a livello di produzione e
mixing: per chi vi scrive, “
Absentia” può vantare il miglior impasto sonoro mai udito su un disco dei Nostri, e di gran lunga.
Evidenzierei, da ultimo, la già accennata poliedricità messa in mostra dai sette brani che compongono il
platter.
Gli spiriti di
Agalloch,
Wolves in the Throne Room,
Novembre, primi
Naglfar e
Fen si dimenano in canzoni dal sapore autunnale cangianti e variopinte -azzarderei quasi
progressive-, colmi di assoli evocativi (“
Sonno d’Eterno”), sezioni strumentali congegnate alla perfezione (“
Notturna”) e spunti melodici di pregio (la conclusiva “
Morte di un Immortale”).
L’identità e la personalità dei
Blaze of Sorrow, comunque sia, emergono con forza, anche grazie alle ormai immancabili (e sempre profonde)
lyrics in lingua madre.
Spiace per un finale leggermente in calando (alla doppietta “
Hybris” e “
Cupio Dissolvi” manca un pelo di mordente), ma di fronte ad una meraviglia del calibro di “
Settimo Requiem” (i
riffs in tremolo sono tra i più belli in cui mi sia imbattuto negli ultimi mesi) pare impossibile lamentarsi.
“
Absentia”, in ultima analisi, è l’ulteriore tassello di un mosaico sonoro sempre più ricco e prezioso, e conferma la tesi esposta in premessa: in un mondo giusto, i
Blaze of Sorrow godrebbero di ben altra considerazione.
Se volete di nuovo volgere lo sguardo altrove fate pure, ma non dite che non vi avevamo avvisati.