Il progetto
Last Call At Nightowls è frutto di quattro musicisti che vivono in tre continenti diversi e che hanno composto il qui presente “
Ask To Dust” scambiandosi i file musicali in via multimediale. A ciò aggiungete la difficoltà con tre fusi orari completamente sfasati, tra Italia, Messico e Australia, la qual cosa dà la misura di un disco nel quale il sole non sorgeva o, se volete, non tramontava mai.
Quello che ne viene fuori è, parafrasando le parole stesse della band, un oscuro viaggio nel cuore della notte, ai confini tra sogno e incubo, in un’atmosfera cupa e oppressiva, tra whisky e sigarette, pozzanghere di bassifondi, e loschi tipi in impermeabile scuro. In una sola parola “hardboiled”, immaginario caro alla
Macelleria Mobile di Mezzanotte, della quale, peraltro, fa parte uno dei componenti,
Adriano Vincenti.
Tuttavia la musica della band ruota intorno ai sassofoni tenori di
Tarry Vainoras e
Maria Ruvacalba Uribe, i quali, su un tappeto noir ambient, disegnano quel dark jazz tanto caro alla sacra triade
Bohren & Der Club of Gore,
The Mount Fuji Doomjazz Corporation e
The Kilimanjaro Darkjazz Ensemble.
È chiaro che pezzi come la title track o “
Hùmeda” sono cinematografici nel senso più puro del termine, adatti a fare da colonna sonora, o, se preferite, da sfondo, a una trama noir, anche a tratti psichedelica. E mi viene in mente “
Lost Highway” di
David Lynch.
Il mood onirico/notturno, sovente inquietante, regala anche momenti soffusi, di calda passione, come un lento scivolare tra i fumi di un paradiso artificiale o tra le cosce della vostra preferita, come ad esempio in “
Làtigo”, e non è un caso che il titolo del disco sia mutuato da quel “
Chiedi alla polvere”, romanzo di
John Fante ambientato nel 1939 negli Stati Uniti della grande depressione.
“
Ask To Dust” è in definitiva un disco d’ambiente, per ricreare un certo tipo di atmosfera, che tanto più vi darà quanto più sarete capaci di immergervi nel suo mood e dare seguito alle sue suggestioni, alimentandole con la vostra fantasia.
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