Sono ormai vent'anni, e un paio di album, che i ciprioti
Solitary Sabred si sono erti al ruolo di Defenders of the Faith, fautori di un Heavy Metal mai banale, articolato e teatrale, anche per le scelte liriche, per un approccio che mi ha fatto subito pensare ai Them.
La principale differenza tra gli statunitensi e i
Solitary Sabred, è rappresentata dagli ingredienti che le due formazioni usano per forgiare la propria proposta musicale, con gli europei che risultano meno Thrash e più vicini al Classic ed Epic Metal, con possibili rimandi, in ordine sparso, ai vari King Diamond, Sanctuary, Manowar, Jag Panzer, Liege Lord, Cloven Hoof… un blend che i
Solitary Sabred riescono a fare proprio e caratterizzano tanto nel songwriting quanto negli arrangiamenti, ma soprattutto nell’istrionica prova vocale di
Petros Leptos.
Le tematiche del loro terzo full length variano dalla Fantasy (il Conan protagonista di "Chronicles of the Barbarian King") a storie Horror, a partire dall'immaginario lovecrafiano dell'opener, "
Servants of the Elder Gods", subito epica e corale con passo solenne e un guitarwork che lascia il segno e un finale d’ispirazione manowariana. Pur senza spingere sull'acceleratore, "
Assassins of Carthage" è dinamica, nel cantato di Leptos e nelle ritmiche, mentre "
Disillusions" ha modi inquietanti, oscuri, epici e vive di chiaroscuri vocali, tra toni sommessi e passaggi laceranti, tra Harry Conklin, Warrel Dane e King Diamond. Una combinazione che, a seguire, caratterizza sia "
Invoking the Master" sia le atmosfere alla Robert E. Howard delle due parti cui si compone "
Chronicles of the Barbarian King", l’Epic/Doom della prima ("
The Scarlet Citadel") e con la seconda ("
Fyres of Koth") che guarda in casa Iced Earth. Pulsazioni ancor più thasheggianti punteggiano "
Psionic Transmogrification", con "IX" che poi si rivela un breve intermezzo prima della maledizione lanciata da
Leptos sulla conclusiva "Blestem", che dopo una partenza lenta e inquietante prende modi più ruvidi in un alternanza demoniaca e marziale che coinvolge la ritmica (
George Papaioannou al basso e il batterista
Fotis Mountouris), le chitarre di
Demetris Demetriou e
Nikolas Moutafise, e ovviamente la voce del cantante cipriota.
Con un pizzico di dinamismo in più avrebbe fatto completamente breccia nelle mie difese, ma già così "
By Fire & Brimstone" è un gran bel disco che vi darà grandi soddisfazioni.
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