Giunti al quinto album dopo un viaggio evolutivo emozionante che dura da ben undici anni, ecco tornare i finnici che ho incominciato a seguire dal terzo album.
Il mio incontro casuale avvenne nel negozio del mio caro amico
Flavio ( you know who you are), lui mi fece scoprire questa band finnica straordinaria perché mi sapeva amante dei
Pink Floyd barrettiani e rimasi esterrefatto completamente.
Da allora non li ho più lasciati; quando appresi che avevano firmato per la major
Nuclear Blast ero fortemente curioso perché temevo un brusco ammorbidimento; mai previsione fu sbagliata perché la band ha una dote musicale e concettuale coerente.
Il titolo tradotto vuol dire “
l’artiglio del Maestro”, ed ha un’idea seria incentrata sul potere che ha l’indottrinamento e la propaganda, non solo politica sulle persone.
La musica per farla breve, è come se a tavola si fossero seduti i
Floyd con ancora
Syd Barrett in formazione, e avessero coinvolto
Steve Von Till dei
Neurosis per dare vita alla loro versione del black metal.
L’opener del disco “
Ilmestys” parte con lievi tocchi di piatto con arpeggi acustici circolari dissonanti e percussioni; sembra tutto tribale, una cerimonia dove le tastiere fanno da cuore che pulsa minaccioso e le vocals sembrano in secondo piano.
La base ritmica è lenta e ipnotica, il growl è acido e ricco di enfasi lenta; sul finale ecco scariche noise con l’impatto dei synth che si fa più forte insieme a rullate ritmiche di batteria e tastiere dai pattern electro in loop siderale.
“
Tyhjyyden sakramentti”, parte con un basso che è sinuoso come un serpente su una base ritmica in controtempo e tappeto di tastiere psych; l’aurea acida ed inquietante è accresciuta dalle chitarre che dipingono un quadro sonoro allucinato.
Il tutto poi deflagra in una potenza di riff con la base ritmica che aumenta di grado il ritmo e lo screaming a ferire il tessuto sonoro.
La melodia è presente ma distorta, manipolata da una corrente acida e riverberata; basta sentire il riff a spirale con i synth a creare un’atmosfera inospitale e spaziale al suo interno.
“
Oikeamielisten Sali”, ribadisce l’aspetto cerimoniale ed oscuro con un tappeto di percussioni, orchestrazioni e riffing in sottofondo a spirale, il basso è ben presente anche in questa composizione.
Il brano poi aumenta di velocità con controtempi prog deviati; i synth carpenteriani aumentano il grado rumoristico e colpiscono emotivamente fino all’entrata dello screaming con un sapore settantiano in sottotraccia.
Qua il progressive rock viene fuso alla perfezione con atmosfere estranee al nostro piano, un viaggio allucinatorio e acido.
La conclusiva “
Taivaan portti”, si viene subito proiettati nel metal estremo con tempi serrati di batteria, riffing selvaggi e i synth freddi e inquietanti che dipingono scenari da brivido.
Lo screaming trattato è quasi un verso, un elemento che squarcia il tessuto onirico, psichedelico creato dai pattern ritmici in simbiosi di batteria, basso e tastiere.
Le chitarre recano marchi rumoristici ampliando il disagio e lo scuotimento emotivo creato dai nostri; il tutto va in un crescendo lisergico e spaziale.
Disco che conferma il percorso solido in senso artistico del combo finnico, ma soprattutto che ha una coerenza musicale invidiabile; se
Kubrick fosse ancora vivo, certamente li avrebbe voluti come officianti sonori del suo estro, album non per tutti ma di una bellezza inquietante.
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