"
Union" arriva con largo ritardo sulle pagine di Metal.it e già di suo dava seguito al precedente "Ruchus" solo dopo una lunga attesa.
Eppure si dice: "meglio tardi che mai", che nell'occasione calza a pennello perchè i
Tyrants, formati da
Andrea "Aerioch" Di Nino e
Marco "Sinthoras" Gulluni, sono in grado di ideare e mettere in pratica un sound dalle diverse sfaccettature, che ergendosi dalle iniziali fondamenta Black Metal, è stato in grado di assorbire e metabolizzare spunti sinfonici e orchestrali ma anche un'irruenza frontale spiccatamente Thrash e strutture che pagano pegno tanto al Progressive quanto al Death Metal.
Anche se i
Tyrants hanno oggi allargato la loro line-up, su "
Union" sono nuovamente i soli
Aerioch e
Sinthoras ad occuparsi del cantato e della parte strumentale, così come era successo in occasione del loro esordio, dove però si erano fatti accompagnare da alcuni ospiti mentre qui tutto pesa sulle spalle dei due. E le hanno sicuramente larghe in quanto nei trequarti d'ora del disco, non lasciano intendere cedimenti di sorta.
Un album vario e a tratti affascinante che riesce a sfruttare tutte le influenze succitate, senza apparire forzato e artificiale, anche nell'insistito impiego del cantato in italiano, come ben testimonia l'ambiziosa "
Cordoglio", una suite di quasi venti minuti scandita da cinque movimenti che rappresenta un vero viaggio emozionale nel dolore della perdita ma anche nell'universo musicale in cui si muovono i
Tyrants, con la costante dello screaming digrignante di
Aerioch preso nel maelstrom sonoro che lo accompagna, per quanto quest'ultimo sia più estremo nei concetti che nei modi. Un mood che era già palpabile sull'opener "
Eutanasia", frenetica e quasi isterica, soprattutto se paragonata al passo possente e scandito di quella "
The Cry of Sin" che poi a sorpresa si chiude su un melodico assolo di chitarra. Per la legge del contrappasso "
Io Ti Maledico" è l'episodio più violento del disco, stavolta accompagnato da un guitarwok che pare abbeverarsi alla fonte dello Swedish Death Metal. Non che "
The Keys of Our Chains" o "
Menzogne" si tirino indietro, ma la loro è un'anima tormentata e drammatica, multiforme e dalle aperture sinfoniche, che mette in risalto le capacità compositive dei due musicisti.
Un album sorprendente. Scoperto tardi, ma ... com'è già che si dice?
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