Non voglio annoiare nessuno ma credo sia doveroso rimarcare, per l'ennesima volta, il valore ed l'importanza che bands come Napalm Death e Carcass, hanno ricoperto per la scena estrema degli ultimi vent'anni. Generando dal nulla, o quasi, uno stile musicale veramente ostico ed estremo, crudo e violento, spesso spinto oltre ogni concezione di eccesso e ritegno: il grindcore. Genere che ha nelle sue corde, così come il black metal, chiari rimandi all'urgenza punk, alla sua bellicosità, al suo continuo rifiuto di regole e dettami. Dopo un lungo letargo, svegliata solo da alcune uscite discografiche, il mondo grindcore si è finalmente destato dal suo letargismo, spesso autoimposto, grazie alla comparsa sulle scene musicali degli svedesi Nasum. Di fatto, la band del compianto Mieszko Talarczyk, ha rivitalizzato il genere con una personale estremizzazione dei trademarks, oramai abusati a dismisura. Tecnica eccelsa, violenza da ogni solco dei loro dischi ( praticamente tutti dei capolavori ), che hanno suscitato una nuova ondata di entusiasmo e proselitismo. Tra i vari epigoni nati nei mesi successivi, ecco che i Gadget, anch'essi svedesi ( la Svezia, oltre ad essere patria della gnocca bionda, tettona ed alta, è patria dell'extreme metal a quanto pare, eheheheh ), anch'essi folli e genialoidi. Infatti questo " The Funeral March ", non si perde nei facili meandri della violenza fine a se stessa ma, come i sommi Nasum hanno insegnato, è un piccolo compendio di soluzioni innovative e sorprendenti. Riffs di chitarra contorti, cervellotici al punto giusto e comunque dotati di un'insana e lugubre melodia di fondo, vengono accompagnati da un drumming che ha nel blast beating il proprio credo. Intorno a questo muro sonoro, c'è il vagabondare di un basso pieno e deragliante, perfetto partner di viaggio del vocalist Emil Englund, una belva feroce dotata di un growling marcio e putrido, adeguato al marasma che il quartetto riesce a ricreare in 29 minuti scarsi. Un disco molto bello, suonato e prodotto in maniera eccelsa, ennesimo capitolo della Relapse, una label che adoro per coraggio ed arguzia nello scovare bands, e trends, sempre validi. Fate vostro questo piccolo gioiellino.
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