Si chiude, con il qui presente "
The Great Dance of the Spirit", un concept spalmato su tre cd da parte dei liguri
Lucid Dream, concept cominciato nel 2003 con
"The Eleventh Illusion".
E qualche cambio è stato apportato alla line-up, aggiungendo ad esempio un trio d'archi di tutto rispetto e, al basso (e voce, in alcune tracce), un certo
Roberto Tiranti, che non credo abbia bisogno di presentazioni.
Il summenzionato concept, che ruota intorno a temi spirituali ed ad un contatto uomo-natura influenzato dal
setting dei Nativi Americani (almeno leggendo i testi, visto che alcuna spiegazione del suddetto concept è arrivata in redazione, né le liriche siano abbastanza chiare da sgombrare il campo semantico da ogni dubbio), si dipana qui in 12 tracce, alcune delle quali servono da raccordo tra un 'movimento' e l'altro, e che mostrano una band sempre a cavallo tra prog-rock, prog-metal e pura atmosfera in musica.
Aprono le danze tre canzoni vincenti, ossia le due energiche "
Wall of Fire", "
Desert Glass" e la più morbida "
By my Side", che mostrano, come unico difetto, una certa ripetitività nel finale, dove il tema portante viene reiterato in maniera a nostro avviso eccessiva (difetto riscontato praticamente in tutte le tracce dell'album). Dopo il primo momento affidato vocalmente a Tiranti, una breve e profonda "
Moving Sands", arriva il primo singolo/lyric video, "
A Dress of Light", seguito da una "
The War of the Cosmos" un pò fine a se stessa, e dalla bella strumentale "
The Realm of Beyond". E' proprio dalla seconda parte che il cd inizia a prendere una leggera china discendente, offrendo pezzi che ripetono un pò troppo la stessa struttura, e ricorrendo allo stratagemma di cui sopra, allungando forse inutilmente il tempo-canzone, perdendo tuttavia nella freschezza e immediatezza del brano.
Prova ne sia, a chiusura del cd, una "
Wakan Tanka" che suona come una preghiera agli Dei (l'album è un pò tutto costellato di queste "preghiere", o momenti di meditazione), dove le due parole del testo sono ripetute per quasi 5 minuti, mentre la band costruisce l'ultimo crescendo sonoro, lasciando alla voce di Tiranti libertà di spaziare nel reame dei sovracuti, che personalmente detesto, e che qui trovo fuori luogo, ma i gusti sono gusti, ci mancherebbe.
Con il mastering dell'eterno
Simone Mularoni ed un lavoro semplicemente splendido di tutta la band, e di
Simone Terigi (chitarre, songwriting) in particolare, "
The Great Dance Of The Spirit" risulta insomma un album piacevole, sebbene non scevro da piccoli difetti, che ne rendono la fruizione un filo più ostica del dovuto. Raccomandato agli amanti del prog rock, a chi ama lasciarsi scorrere il tempo addosso mentre ascolta un disco, e a chi cerca emozione prima che canzone.
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