Stimolata dall'ottimo successo di "Divided by darkness", uscito lo scorso anno per 20 Buck Spin, la
Century Media ha messo sotto contratto gli
Spirit Adrift per i prossimi lavori e si è affrettata a ristampare anche l'album precedente, cioè questo "
Curse of conception" del 2017.
Gli
Spirit Adrift sono nati nel 2015 come progetto solista del polistrumentista e vocalist
Nate Garret, di Phoenix, Arizona. Iniziativa con aspetti taumaturgici e di rinascita personale, visti i gravi vissuti dell'artista alle prese con una devastante dipendenza dall'alcool e dalle droghe. L'Ep di esordio ("Behind-beyond", 2016) ed il primo full-length ("Chained to oblivion", 2016, Prosthetic Records) sono un parto quasi esclusivo dell'impegno e della volontà di
Garret in sala di registrazione. Dopo il buon riscontro locale e la significativa richiesta di prestazioni dal vivo si è formata una line-up più compiuta, con l'ingresso di
Marcus Bryant alla batteria (tutt'ora presente) e di
Jeff Owens alla chitarra e
Chase Mason al basso (presenti su questo disco, ma non nel successivo). Incrementato la propria esperienza grazie ad un'impressionante serie di partecipazioni a festival statunitensi e concerti insieme a gente come Corrosion of Conformity, Khemmis, Pallbearer, Gatecreeper, ecc, la formazione americana realizza questo secondo album.
Un lavoro doom-metal di grande spessore, complesso ed articolato nelle sue molteplici sfaccettature. Troviamo elementi della scuola neo-sabbathiana, ma anche richiami all'ecletticità dei Cathedral, al metal contemporaneo di The Sword e Saviours, perfino una sottile indole progressiva fatta di strutture sonore flessibili ed atmosfere cangianti. Disco che coniuga bene impatto immediato e profondità di ascolto, cosa certamente rimarchevole.
La voce stentorea di
Garret è certamente protagonista in tutto l'album, per capacità evocativo-drammatica, all'interno di un sound melodic-doom lento e solenne, molto Candlemass-iano. Pezzi come "
Earthbound" o "
Spectral savior" rappresentano pienamente la forza celebrativa del doom contemporaneo, con i suoi fondamenti Sabbathiani rivisti e riconsiderati alla luce dell'evoluzione metal ultradecennale. La title-track è l'esempio perfetto di tale sincretismo: vocals Ozzyane si sposano con parti strumentali potenti ed elaborate, con retrogusto funereo ed attitudine melodica ombrosa e liturgica.
Ancora più elegiaci e scenografici brani come "
Starless age" o "
Onward, inward", che evocano il senso di abbandono e di deliquio dei sensi alla Solitude Aeturnus, ma con passaggi dal tiro maggiormente granitico e rockeggiante. Ottimi ed abbondanti assoli, riff complessi, ritmiche quadrate. Niente da dire, gli
Spirit Adrift sono una formazione ispirata e dotata. Non innovatori di uno stile ormai abbastanza codificato, ma certamente capaci di esprimere una grande sensibilità doomy ed una notevole forza d'impatto.
Se amate il neo-doom metal e non possedete ancora questo disco, approfittate della sua ristampa e procuratevelo. Non resterete delusi.
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