Richie Zito è una leggenda vivente del melodic rock, prima come chitarrista e poi come songwriter e produttore, il suo contributo alla “causa” è stato ed è semplicemente enorme e non credo sia necessario perdere troppo tempo per elogiare il suo lavoro, tra l’altro ampiamente riconosciuto a suon di premi e affermazioni importanti in ogni campo d’azione.
Ritrovarlo nel suo “vecchio” ruolo di musicista, oltre che in quello di eccelso compositore e incredibilmente preparato producer, è però una piccola grande sorpresa che accresce l’attesa per il confronto tra il mio apparato uditivo e questo suo nuovo progetto denominato Avalon.
L’esito di tale incontro non ha riservato nessun imprevisto, nel senso che il titolare del gruppo e i fantastici cantanti di cui si è circondato hanno un palmares talmente immenso che sarebbe davvero stato molto improbabile avere a che fare con un disco anche solo meno che eccezionale.
Insomma, un altro punto da assegnare al cartellino della Frontiers, che ci ha ormai abituato troppo bene in fatto di straordinario gusto con il quale effettua le sue scelte e che con questo ennesimo “colpaccio” farà ancora una volta la gioia di chi ama la migliore stirpe dell’hard rock melodico.
“Avalon” è un’uscita altamente coinvolgente e, nonostante i tanti singers, essa non appare affatto frammentaria e si mantiene costantemente emozionante grazie a composizioni fluide, arrangiamenti sontuosi e voci stupende che nell’eventuale gara per la supremazia canora del disco, alla fine si qualificano tutte al primo posto con un formidabile ex-aequo dell’intensità passionale e della tecnica specifica.
Non c’è neanche un secondo da scartare nei tremiladuecentoquaranta (circa) della durata complessiva del dischetto e ci pensa la preziosa ugola di Hugo a dare inizio da par suo all’operazione di seduzione, con una “Blue collar” che conquista all’istante.
Tocca poi a Joe Lynn Turner mostrare come s’interpreta con il giusto trasporto una canzone di rock radiofonico yankee e se il suo titolo, “Is he better than me”, vuole esprimere un qualche dubbio sulla prestazione vocale … niente paura Joe, sono in pochi a poterti sconfiggere su uno dei tuoi terreni preferiti.
Eddie Money, con “Nightmare”, ci trasporta in un’atmosfera maggiormente scura e rude, con l’andamento cadenzato e il lavoro delle chitarre che trascinano con forza, appena prima che la sublime laringe di Joseph Williams ci trasformi tutti, attraverso la leggiadra “Oh Samantha”, in “romanticoni” all’ultimo stadio.
Si prosegue con la nientemeno che straordinaria title-track, dove Danny Vaughn offre un saggio delle sue strabilianti doti in un brano denso di pathos e magia, “Life got in the way” vede Eric Martin dietro al microfono di un tipico mid-tempo “adulto”, tanto semplice quanto efficace e in “Blue monday” torna Mr. Valenti coadiuvato addirittura da Giorgio Moroder, e la linea melodica del brano unisce calibrate dosi di grinta e sentimento, scatenando abbondanti brividi di consenso.
Con “Forever I will” assistiamo ad un intrigante cambiamento di clima, tra soul e blues, marchiato da un ottimo Richie Kotzen, ma “I can't forget you” riporta il platter sui sentieri dell’AOR e un Philip Bardowell assolutamente ispirato nella sua calorosa interpretazione, replicata a breve distanza nella bellissima “Good things take time”, illumina il proscenio con la consueta classe.
In mezzo alle due esibizioni dell’Unruly Child, ritorna Eddie Money e “I put my life in your hands” accarezza i timpani nel suo classico stile, mentre alla replica dell’ex Mr. Big è affidata la chiusura dell’album: la vaporosa ballata pianistica “I don't want to want you” è un’eccellente palestra per il colore e l’espressività che il buon Dio (o chi per lui, fossero anche “solo” mamma e papà Martin!) ha voluto donare al suo organo della fonazione.
“Avalon” è un mirabile esempio di policromo Adult Oriented Rock, anzi direi che a questi livelli si è obbligati ad andare oltre le etichette ed i generi, e parlare unicamente di grande musica.
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