Copertina 6,5

Info

Genere:Punk
Anno di uscita:2020
Durata:32 min.
Etichetta:Arising Empire Records

Tracklist

  1. LIVER'S LAMENT
  2. FACEBOOK LOSER
  3. HELL TO PAY
  4. CYDRATED
  5. SATURDAY DAD
  6. GRAVY TRAIN
  7. AIN'T MISSING HER YET
  8. WANKER
  9. SMALL VICTORIES
  10. PUNCHED AWAKE
  11. TALES OF THE BLEEDIN' OBVIOUS
  12. SCREWED DOWN
  13. QUEEN OF FUCKING EVERYTHING
  14. LIVER'S LAMENT (REPRISE)

Line up

  • Peter Bywaters: vocals
  • Derek Greening: guitar
  • Nick Abnett: bass
  • Sam Fuller: drums

Voto medio utenti

Possiamo considerare i Peter and the Test Tube Babies dei veri sopravvissuti musicali. La band venne formata nel 1978 a Peacehaven (East Sussex, Inghilterra) da due adolescenti innamorati del movimento punk: il cantante Peter Bywaters ed il chitarrista Del Strangefish (Derek Greening), tutt'ora presenti in formazione. Nei primi anni '80 ottennero un discreto riscontro, grazie alla partecipazione ad importanti compilations di genere ("Vaultage 78", "Oi!The album") ed agli album "Pissed and proud" (1982) e "Mating sounds of South American frogs" (1983). Caratteristica della formazione, titoli e testi bizzarri e provocatori come una "The Queen gives good blow jobs" che fece scalpore all'epoca.
Il crollo commerciale dello stile e della tendenza punk, entro la prima metà degli eightees, costrinse i britannici ad adottare un profilo molto più underground. Ma mai a mollare definitivamente. Durante gli anni novanta e duemila hanno continuato a produrre lavori con una certa regolarità e ad esibirsi nel circuito di nicchia degli irriducibili punksters. Oggi li ritroviamo vivi e vegeti, alle prese con l'undicesimo disco della loro pluridecennale carriera.
Nel segno della massima coerenza, siamo di fronte ad un classico lavoro punk-rock: una sventagliata di brani svelti, immediati, brucianti, urgenti, feroci, con qualche concessione ad atmosfere maggiormente trasversali. Presenti infatti episodi ska-punk, più leggeri ed arrangiati con i fiati ("Cydrated", "Screwed down"), così come pezzi battenti e molto Ramones ("Queen of fucking everything") e qualche esempio di orecchiabile rock Clash-style ("Saturday dad", "Wanker" dove compare anche una voce femminile). Canzoni dignitose, gradevoli, frutto di grande esperienza nel settore, ma non certo sorprendenti o particolarmente memorabili.
Il resto è punk anthemico, con fortissimo retrogusto settantiano, dal tiro serrato e "pogoso" vedi le digrignate "Facebook loser", "Hell to pay", "Gravy train" e la metallica e brutale "Punched awake". Canzoni che in un paio di minuti veicolano un buon livello di energia e adrenalina, senza pretendere nulla più di questo.
Onestamente, non è un disco imprescindibile. Onesto, sincero, nostalgico, ma adatto principalmente ai pochi veterani del movimento punk originario. Onore e rispetto alla tenacia di questa band, ma nulla di nuovo sotto il sole.

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