Ci sono voluti due dischi agli
Spell (ex Stryker) per rafforzare, compattare e rendere maggiormente definito un suono che nel terzo “
Opulent decay” raggiunge livelli di fascinazione piuttosto imponenti, almeno per chi è attratto da una miscela assai ben congeniata di Rush, Thin Lizzy, Blue Öyster Cult, Angel Witch e The Mission.
Un’arguta fusione di
hard-rock,
british metal e
new-wave, ammantata di esoterismo e tocchi psichedelici, che dimostra ancora una volta quanto classe, buongusto, cultura e vocazione possano essere qualità artistiche in grado di fare la differenza anche in un
rockrama non particolarmente creativo come quello attuale.
Nella musica dei canadesi il citazionismo non è mai sterile e olografico, e se il loro approccio può in qualche modo addirittura ricordare agli appassionati del genere più smaliziati qualcosa del favoloso “
Astral Alloy” dei conterranei Sacred Blade o ancora il
modus operandi di Exxplorer e Mayfair, sono convinto che l’opera piacerà pure a chi ha “scoperto” certe sonorità grazie a In Solitude e Ghost.
Un disco di notevole suggestione, insomma, in cui risorge tutta la bellezza delle melodie arcane, ipnotiche e ficcanti, pilotate da una voce un po’ troppo “esile” e uniforme forse, e tuttavia alquanto espressiva e ammaliatrice.
Il contagio istantaneo propugnato dall’
opener “
Psychic death”, uno straniante rosario
goth-metal, prosegue pressoché ininterrotto per i quarantasei minuti di durata del programma, alimentati da una
title-track che aggiunge un vibrante afflato epico all’impasto sonico (per un risultato che, con un piccolo sforzo di fantasia, si potrebbe arrivare a definire un’improbabile
jam session tra primi U2, B.O.C. e Tygers Of PanTang …) e da una “
Sibyl vane” che evoca nella memoria una versione “aliena” dei Thin Lizzy.
A continuare l’azione di soggiogamento sensoriale ci pensa l’aurea enfatica e brumosa di “
Primrose path”, seguita dalla pulsante e sinistra “
The iron wind”, dall’adescante tocco celtico di “
Dawn wanderer” e da una “
Deceiver” abilissima nel sintetizzare
spleen gotico e tensione metallica.
L’intermezzo liturgico “
Ataraxia” funge da singolare preludio all’amniotica cavalcata denominata “
Imprisoned by shadows”, mentre il clima occulto e visionario di “
Saturn’s riddle” pone il sigillo finale a un albo per certi versi “imperfetto” e che ciononostante istiga immediatamente un nuovo ascolto.
Il prossimo passo nel percorso di crescita espressiva degli
Spell potrebbe essere quello “definitivo”, ma l’attesa di un ulteriore incremento nella lucidità compositiva, in compagnia di questo godibilissimo “
Opulent decay”, sarà un’esperienza tutt'altro che spiacevole e abulica.
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